domenica 31 maggio 2020

Mac Adams e i 'crimini' della percezione



Il lavoro di Mac Adams si innesta nella corrente concettuale degli anni Settanta, in particolare nella Narrative Art, che ha come fondamento il concetto di finzione e di narrazione. Ma, a differenza di molti artisti di quel movimento, che spesso associano immagine e testo, Mac Adams affida solo alla fotografia lo sviluppo delle sue storie.
L’artista di origini gallese e trapiantato negli Stati Uniti crea scene vere e proprie, con attori e un'ambientazione che ricorda spesso quella del cinema noir e dei romanzi polizieschi. “Non è forse vero che ogni punto delle nostre città è il luogo di un delitto?”, scriveva Walter Benjamin nella sua Piccola storia della fotografia. Le installazioni e fotografie di Mac Adams sembrano far propria questa affermazione; infatti sono tali da creare nello spettatore la percezione di star guardando la scena di un crimine.

Mac Adams Still Life with Cezanne, 1977

Mac Adams, Smoke and Condensation, 1975
Gli elementi sono disposti in modo da fungere da indizi, che un probabile investigatore potrebbe leggere per ricostruire la serie di eventi e usare come prove. Nella serie Mysteries, sviluppata a partire dal 1974, tuttavia, la storia, caratterizzata da un’estrema compressione narrativa, non è mai completa; le sequenze, infatti, che sono di due o al massimo tre immagini, ci mostrano frammenti narrativi in cui l'azione principale è invariabilmente assente, relegata nello spazio tra le immagini, nell'ellissi temporale o fuori dallo schermo. Mac Adams definisce questo approccio con il termine "vuoto narrativo". L'immagine diventa una rete di indizi che lo spettatore è invitato a percorrere nelle modalità di un'indagine, ma il ‘vuoto’ nella sequenza gli consente sufficiente libertà di interpretazione, nonché di proiezione inconscia.


Mac Adams, The Toaster, 1976

Il genere noir, nelle fotografie di Adams, si rivela un campo di indagine ideale, in quanto caratterizzato da una notevole complessità delle relazioni tra elementi narrativi - personaggi, fatti, luoghi, oggetti. Tramite le sue sequenze, Adams porta avanti la sua riflessione sulla nozione di tempo e su quella, ambigua, di realtà. Le sue opere lasciano il posto a interpretazioni diverse: tra un’immagine e l’altra scorre il tempo, che attraversa la cornice, diventata permeabile, "fluida". Si crea tra di esse uno spazio di confine, difficile da delimitare, quel "vuoto narrativo" che consente a tutti di formulare ipotesi e ricostruire, tramite gli indizi, la propria versione dei fatti. Port Authority (1975), ad esempio, è costituita da due immagini, una delle quali mostra una donna appoggiata a un albero e una mano che le porge una sigaretta. Nella seconda fotografia, un uomo è inginocchiato presso degli armadietti automatici e avvolge il vestito della donna in una borsa. Indossa lo stesso braccialetto e lo stesso anello della mano che compare nell’immagine a sinistra. La donna, tuttavia, è assente. Nell’intervallo temporale che separa i due frammenti può essere stato commesso un crimine.
Ogni sequenza si apre a una polisemia che stimola fortemente l’immaginazione dell’osservatore e ne attiva memoria e codici di lettura. A Mac Adams non interessa la linearità di una possibile indagine di polizia, ma strutturare una storia sufficientemente ambigua e aperta in grado di generare interpretazioni diverse e stimolare letture inesauribili, anche contraddittorie.

Mac Adams, Port Authority, 1975
Mac Adams, Fury, 1976

Le complesse costruzioni scenografiche di Mac Adams ricordano le suggestioni narrative di Cindy Sherman e Duane Michals. Proprio come loro, egli usa la fotografia quale mezzo per eccellenza per esplorare i confini sfocati tra finzione e realtà e per tematizzare la natura dell’immagine moderna. Per questo attinge al complesso repertorio della storia dell’immagine meccanica, sia fotografica che cinematografica, ispirandosi ai film di genere noir, alle immagini di cronaca nera, alle riviste. Ne manipola il linguaggio attraverso le fotografie, per dimostrarne l’ambiguità rispetto alla realtà, per mettere alla prova gli schemi percettivi di osservazione, indagando fino a che punto i nostri processi mentali sono condizionati dagli stereotipi che agiscono nei thriller, nelle serie televisive o nell’informazione di cronaca.

Mac Adams, Still Life with Lichtenstein, 1977

Le serie Still Life contengono una messa in scena più elaborata del crimine - o di quello che potrebbe essere un crimine. In esse è il riflesso speculare a offire gli indizi per comprendere l'azione che è appena avvenuta. In Still Life with Lichtenstein (1977), vediamo uno specchio rotto, un libro con alcune riproduzioni di Roy Lichtenstein, un contenitore contenente trementina, una bottiglietta di pillole aperta e il braccio con la mano aperta di qualcuno disteso a terra. Nello specchio in frantumi, però, la mano del presunto morto non è vuota, ma stringe il contenitore di pillole. La realtà quindi non concorda con la scena riflessa, generando una contraddizione visiva e possibili interpretazioni contrastanti.

Mac Adams, Mystery of the 2 Triangles, 1976

Per l'opera The Third Swan (2009), l'artista ha utilizzato due fotografie di omicidio prese dagli archivi della polizia. Le ha associate a una terza fotografia, scattata da lui e che mostra due braccia di donna con in mano un origami di carta a forma di cigno. L'associazione di queste tre immagini, vale a dire di fatti reali ed elementi immaginari, mette in discussione il valore documentario e veritiero del mezzo fotografico, mostrando anche come le immagini dei mezzi di informazione obbediscano a manipolazioni finalizzate a veicolare determinati messaggi.

Mac Adams, The Third Swan, 2009

La fotografia di Mac Adams tematizza anche il tema del voyeur e dell’impulso scopofilo. Nel trittico The Voyeur vediamo un uomo mentre spia con un paio di binocoli una coppia che fa l'amore contro una parete. È lo stesso uomo che troviamo nella terza immagine, che beve seduto a un bancone, vicino a una coppia. Si tratta delle stesse persone? In ogni caso, il primo ha un binocolo tatuato sulla mano destra, dettaglio che suggerisce la fusione di feticismo e voyeurismo. Così come al feticismo rimandano molti oggetti presenti sulle varie scene del crimine allestite da Mac Adams. D’altra parte, nelle sue finzioni, la distinzione tra indizio e feticcio è spesso sottile, persino inesistente: ossessionato dalla scoperta e dalla raccolta di prove materiali del crimine, l'investigatore, reale o immaginario, non diventa necessariamente un feticista?

Mac Adams, The Voyeur, 1976

La sua serie Post-Modern Tragedy è composta da fotografie di oggetti domestici cromati, il cui riflesso rivela ogni volta una scena violenta: un ragazzo che punta una pistola (probabilmente solo un giocattolo) nella direzione di suo padre, un uomo che sta per tagliare la gola di sua moglie con le forbici, un uomo legato su una sedia e sottoposto a tortura… The Party (2009) è la fotografia di un vaso riflettente con diverse curve. Nelle molteplici riflessioni, vediamo in primo piano un uomo con in mano un revolver e una donna con una bottiglia di alcol sullo sfondo. Una critica, sottile, alla società dei consumi prende forma nell'associazione di oggetti di design cromati e luminosi con il lato oscuro dell'essere umano.

Mac Adams, The Party (2009)

Mac Adams si è divertito a capovolgere le cose: oggetti di questo tipo sono, di solito, presenti nelle scene del crimine, spesso catalogati come reperti; in queste fotografie è invece la scena ad essere contenuta nella superficie riflettente di questi oggetti. L'umorismo nero dell'artista raggiunge qui un climax quasi ironico: la morte è ospitata in oggetti normalmente inoffensivi, prodotti in serie, che arredano lo spazio domestico della cucina.
La visione di queste immagini crea un certo straniamento: nel contesto asettico e impersonale di quelle che sembrano pubblicità di oggetti di design, collocati su superfici colorate da innocue tinte pastello, prendono vita scene raccapriccianti di inaudita violenza.
A Mac Adams piace produrre fotografie che offrano punti di vista diversi: in uno specchio rotto, in un riflesso cromato, in ombre proiettate. Inoltre, le dimensioni ridotte dei riflessi costringono lo spettatore ad aguzzare lo sguardo per riuscire a vedere e comprendere l'immagine che sta guardando. Mac Adams lo costringe quindi a diventare un testimone della scena del crimine e ad attivare in lui l'istinto del voyeur.

Mac Adams, Kettle, 1987, da Post Modern Tragedies, 1982-2010


Mac Adams, Post Modern Tragedies, 1982-2010



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