giovedì 23 maggio 2019

Forme uniche nella continuità dello spazio. I corpi dinamici dell’arte futurista

Umberto Boccioni, “Forme uniche nella continuità dello spazio”, 1913, bronzo, Galleria d'Arte Contemporanea (Milano).

Il primo Novecento è denso di scoperte e formulazioni teoriche che rivoluzionano radicalmente le conoscenze sulla natura dell’universo e dei fenomeni della realtà. La Relatività di Albert Einstein stravolge il modo di pensare lo spazio e il tempo e ipotizza uno spazio che interagisce con la materia. Ma oltre a quella einsteiniana, altre scoperte hanno un impatto incredibile sulla cultura dell’epoca, alterando la maniera stessa di riferirsi alla realtà oggettiva: le ricerche sulle onde elettromagnetiche e sulle onde radio, la scoperta dei raggi X, gli studi sull’atomo e sulla sua composizione o, ancora, quelli sull’energia. In campo filosofico, la fenomenologia di Husserl e l’opera di Bergson rompono gli schemi desueti sulla memoria e sulla percezione. Risulta, pertanto, impossibile ignorare la forza di impatto delle idee, della filosofia, della scienza, e soprattutto della fisica moderna sull’immaginario creativo di una intera generazione di giovani autori, una forza che allarga il campo di esperienza, spostandolo oltre il limite di ciò che è direttamente esperibile sul quale si fondava la fisica classica. E sempre più l’affascinante ipotesi di una nuova entità legata alla simultaneità spazio-temporale si apre ai territori dell’intuizione.


“Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente”, scrive Marinetti nel Manifesto del Futurismo del 1909, proponendo l’adesione a una nuova visione estetica fondata su velocità e dinamismo. Le indicazioni programmatiche delineate nel Manifesto dei Pittori Futuristi (1910), firmato da Umberto Boccioni, possono essere sintetizzate nelle seguenti:
- l'artista futurista è chiamato a liberarsi dalla tradizione del passato e a cercare i soggetti della sua ispirazione nella vita moderna, esaltando tutto ciò che rappresenta il progresso e l'innovazione e pertanto si proietta nel futuro (futurismo opposto a passatismo);
- l'artista futurista deve celebrare il movimento, la velocità, il dinamismo e tutto quanto rappresenta la forza e l’energia.


Boccioni si afferma come uno tra gli interpreti più lucidi e coscienti di quella generazione di avanguardie. Nel 1912 redige il Manifesto Tecnico della Scultura futurista, dove scrive:
"Rovesciamo tutto, dunque, e proclamiamo l'assoluta e completa abolizione della linea finita e della statua chiusa. Spalanchiamo la figura e chiudiamo in essa l'ambiente. Proclamiamo che l'ambiente deve far parte del blocco plastico come un mondo a sé e con leggi proprie. […] Proclamiamo che tutto il mondo apparente deve precipitarsi su di noi, amalgamarsi, creando un'armonia colla sola misura dell'intuizione creativa; che una gamba, , un braccio o un oggetto, non avendo importanza se non come elementi del ritmo plastico, possono essere aboliti, non per imitare un frammento greco o romano, ma per ubbidire all'armonia che l'autore vuole creare. Un insieme scultorio, come un quadro, non può assomigliare che a se stesso, poiché la figura e le cose devono vivere in arte al di fuori della logica fisionomica".
Ciò che Boccioni teorizza, dunque, è l’abolizione della forma chiusa per consentire l'espansione del volume nello spazio, così come accade nella sua celebre scultura “Forme uniche nella continuità dello spazio”. L’obiettivo è quello di rappresentare il movimento non per mezzo di sequenze analitiche discontinue (come fanno Marcel Duchamp, nel dipinto “Nudo che scende le scale”, e lo stesso Giacomo Balla, nell’opera “Ragazza che corre sul balcone”), ma attraverso un "continuum sintetico". Gioca qui un ruolo l’influenza del Cubismo analitico, che Boccioni aveva conosciuto a Parigi, con le sue scomposizioni della forma nella simultaneità dei punti di vista, sebbene l’artista futurista rimproverasse alle immagini cubiste una inaccettabile staticità.

Marcel Duchamp, Nudo che scende le scale n° 2, 1912.

“Forme uniche nella continuità dello spazio” rappresenta una figura in movimento, che incede a grandi passi. Malgrado la sua forma aerodinamica, si tratta chiaramente di un soggetto antropomorfo anche se privo di alcune parti, come ad esempio il volto e le braccia. Muovendosi, la figura modifica la propria posizione e deforma la propria sagoma così come modifica anche lo spazio che la circonda. L’opera si sviluppa mediante l’alternarsi di cavità e convessità, di pieni e di vuoti, che scompone il corpo in parti non più plasmate dall’anatomia ma dal dinamismo e genera una superficie frammentata soggetta a repentini passaggi dalla luce all'ombra.

Bambina che corre sul balcone di Giacomo Balla, 1912

I contorni frastagliati e irregolari non limitano l’oggetto, separandolo come di consueto dall’ambiente che lo contiene, ma lo dilatano espandendolo nello spazio. In questa figura è come se la scia del corpo in movimento si solidificasse. Il movimento si trasforma in materia, entrambi riconducibili allo stesso principio dell'energia. La velocità modella un uomo nuovo, aerodinamico, le cui forme si moltiplicano nella percezione dell’osservatore. L’uomo avanza con energia fendendo l’aria, deformando lo spazio, e lo stesso uomo viene deformato, scavato e modellato dallo spazio percorso.
La figura è concepita come entità infinita, cioè senza limiti, in quanto, per effetto del movimento, si propaga nello spazio, si compenetra con esso, fino a diventare una forma unica oggetto+ambiente. E in quanto compenetrazione dinamica di figura e spazio, l’opera richiede allo spettatore di essere osservata da tutti i punti di vista.
L’opera si fonda sulla sintesi tra visione ottica e visione mentale e sui principi di simultaneità ed espansione delle forme nello spazio circostante. Le varie fasi del movimento sono rese in modo simultaneo, le sequenze temporali si fondono in un momento unico. E’ proprio questa condensazione del tempo, che va oltre la successione di fasi distinte, che permette la sintesi tra figura e spazio. Impossibile non risentire l’influenza del pensiero di Bergson a proposito della “durata” intesa come persistenza dei contenuti della coscienza. La "durata", che è sintesi di tempo passato, presente e futuro, si realizza nella dimensione della memoria e della coscienza. Che al tempo stesso è "slancio vitale", cioè divenire e creazione in atto.


Gli oggetti in movimento si moltiplicano, si espandono nello spazio compenetrandosi con esso. La forma antropomorfa senza braccia diviene così il simbolo dell’uomo moderno lanciato a conquistare il futuro. In questo modo la scultura futurista cerca di affermarsi non più come arte statica, estranea al flusso del reale, ma come un’arte capace di incorporare in sé la vita in quanto pulsione vitale.
A ben osservare questa scultura, però, a causa della distribuzione delle masse e dei volumi, si ha più l’impressione di una figura che avanza a fatica, come contro vento, che di un uomo in corsa. I plinti sotto i piedi, tra l’altro, che formano la base della scultura, danno allo spettatore la sensazione che l’uomo trascini due mattoni o due blocchi di cemento. Nel Manifesto del Futurismo, Marinetti scriveva: “… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia”. Boccioni, tuttavia, non scolpisce né dipinge auto da corsa e il suo uomo che avanza nella continuità dello spazio ricorda molto più la Nike del Louvre che una vettura dal motore rombante.


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