martedì 26 luglio 2016

Ribelli e rivoluzionari - MALCOLM X

           Gordon Parks, Malcolm X holding up Black Muslim newspaper., Harlem, New York, 1963.


Se Martin Luther King predica la non violenza e l'integrazione negli stati del sud, Malcolm X si rende conto che questa strategia di lotta è impossibile da attuare nei centri urbani e nelle metropoli del Nord degli Stati Uniti, dove vivono comunità di neri ghettizzate e disgregate. Rispetto agli altri leaders neri, Malcolm X sviluppa la strategia di lotta che in quelle circostanze più delle altre rispondeva alle istanze degli afroamericani che vivevano la tumultuosa esperienza dei ghetti urbani in rivolta. Lo scopo finale non è più l’integrazione, ma il sovvertimento del sistema americano. Malcolm X è il miglior interprete di quel mondo di miseria, ignoranza e rabbia in ebollizione che minacciava di esplodere perché, a differenza degli altri leaders neri che provenivano dagli ambienti borghesi, Malcolm ci era cresciuto. Nei ghetti degradati e violenti di New York, quale idea poteva far nascere una speranza di riscatto? La non violenza e la resistenza passiva no di certo, non potevano attecchire. Attraverso l’identificazione con una religione, la Nation of Islam offriva un’identità adeguata alle aspirazioni di quei neri marginali, l’identità di muslims (musulmani), che permetteva loro di riappropriarsi della memoria storica e di riconoscersi come comunità in lotta.

La biografia tormentata di Malcolm X mette in fila l'infanzia traumatica in Nebraska, l'esperienza dolorosa della discriminazione, la vita da sbandato e poi da criminale nel quartiere di Harlem, il carcere, le letture avide di libri di storia e filosofia, fino all'adesione alla Nation of Islam. Dopo essere “caduto toccando il fondo della società dell’americano bianco”, Malcolm Little cambia il suo nome in Malcolm X, ribellandosi al suo stesso cognome che reca le tracce dell'antica schiavitù del popolo nero. Così diviene uno spirito critico, un grande oratore e un leader politico dal grande carisma.
E’ molto difficile definire Malcolm X una volta per tutte, personaggio estremamente complesso che ha vissuto una continua e sofferta trasformazione della propria visione del mondo, un’ascesa che dal fanatismo religioso e dall'odio arriva verso una coscienza politica sempre più matura. Dopo il pellegrinaggio alla Mecca, nel 1964, infatti, le sue posizioni sembrano subire un radicale cambiamento e orientarsi verso un'impostazione meno settaria e più aperta alle altre visioni e forme di lotta. Ma il 21 febbraio del 1965, durante un discorso in pubblico a Manhattan, Malcolm viene ucciso, all'età di 39 anni, come sarà per Martin Luther King, da sette colpi di arma da fuoco, da tre membri di quella stessa Nation of Islam di cui aveva fatto parte.
Anche l'autore di questa fotografia, afroamericano pure lui, si porta addosso i ricordi di un'infanzia dura e dolorosa, per certi versi molto simile a quella di Malcolm X, vissuta tra il Kansas e i quartieri malfamati di Harlem, dopo che la zia cui era stato affidato l'aveva cacciato di casa. Ma a 26 anni Gordon Parks decide di acquistare al banco dei pegni la sua prima macchina fotografica e di puntarla, come un'arma, contro l'ingiustizia in cui è costretto a vivere il suo popolo.
Parks è stato in grado di raccontare l'America come nessun altro, capace di unire le doti del documentarista con quelle del narratore, di fondere insieme storia e poesia. Con la sua macchina fotografica era in grado di addentrarsi nelle pieghe di ogni realtà che incontrava, immergendosi empaticamente in essa, portando alla luce la storia di chi non aveva voce per raccontarla.
Tra i fotografi più importanti del ventesimo secolo, dagli anni Quaranta fino alla sua morte, nel 2006, Parks, primo fotoreporter americano di colore, ha raccontato al mondo, soprattutto attraverso le pagine della rivista Life, la difficoltà di esser nero in un mondo di bianchi, la segregazione, la povertà, i pregiudizi, ma anche il mondo delle celebrità dello spettacolo oltre che quello della moda, e perfino le grandi personalità degli anni cinquanta e sessanta come Malcom X, Muhammed Ali e Martin Luther King.
Personalità eclettica come non mai (“uomo del Rinascimento”, veniva chiamato già ai tempi della sua collaborazione con Life), oltre che fotografo Parks è stato regista, scrittore, musicista, poeta. Come si diceva, egli è stato soprattutto un grande narratore di storie. Ha raccontato la storia di Ella Watson e della sua famiglia; quella dei lavoratori petroliferi, bianchi e neri, in Pennsylvania; il degrado, la povertà e l'emarginazione nel quartiere di Harlem, la storia di Flavio, bambino brasiliano nella favela Catacumba, e tante altre. I suoi servizi sono sempre vere e proprie storie illustrate.
Guardo queste foto e mi dico che anche Gordon Parks è stato a suo modo un ribelle, di quelli che piacciono a me, che non si è fatto sommergere dalla sua condizione di nero povero ed emarginato, ma ha messo la sua rabbia e la sua ansia di riscatto al servizio degli altri, dei senza voce, e dando loro una voce, ha anche scritto delle pagine di autentica poesia.
Questa foto di Parks è forse più nota e disegna un ritratto senza sfumature.



Per gustarsi davvero a fondo l'opera di Gordon Parks, vi invito sulle pagine del sito de Il nuovo cassetto, dove è presente un ampio e ben documentato saggio, ricco di foto:
http://ilcassetto.forumcommunity.net/?t=53163603

L'altro invito, naturalmente, è quello alla visione del film "Malcolm X" di Spike Lee.

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