Qualcuno penserà che la scelta di questa immagine è fin troppo scontata. Personalmente avrei preferito parlarvi delle foto scattate al Che da Elliott Erwitt o da Burri, ma queste, seppure famosissime, non hanno la valenza iconica che ha avuto e continua ad avere questo scatto di Alberto Korda.
Ernesto Guevara de la Serna, conosciuto come il "Che", è stato uno dei più celebri rivoluzionari del Novecento, oltre che guerrigliero, scrittore e medico. Nato a Rosario, in Argentina, negli anni Cinquanta si recò in Guatemala dove entrò in contatto con alcuni esuli cubani e si avvicinò alle idee marxiste. Qui ricevette il soprannome Che, dovuto all'intercalare tipicamente argentino "che" usato per attirare l'attenzione - un po' come in italiano "ehi" -, che il rivoluzionario usava molto spesso. Nel 1956 decise di partire insieme a loro per Cuba, dove prese parte attivamente alla rivoluzione che portò, il primo gennaio 1959, a rovesciare il dittatore Fulgencio Batista. Dopo alcune esperienze nel governo di Fidel Castro, Guevara decise nel 1965 di lasciare l'isola caraibica con l'intento di portare la rivoluzione in altri Paesi del mondo: si recò prima nel Congo belga, poi in Bolivia. Qui l'8 ottobre 1967 venne ferito, catturato e poi giustiziato dall'esercito boliviano.
Questa foto contribuì in modo decisivo a fare di Guevara un mito non solo per le generazioni di allora. Questa icona ha valicato il millennio, continuando a mantenere grande popolarità, sebbene la sua valenza simbolica sia mutata rispetto a qualche decennio fa.
L'autore, Alberto Korda (anche se il vero nome era Alberto Diaz Gutierrez ) era un fotografo cubano di moda che, dopo la caduta di Batista, era diventato fotografo della Rivoluzione e amico di Castro.
La foto fu scattata il 5 marzo 1960, durante la cerimonia funebre dei 136 morti nello scoppio della nave francese La Coubre, probabilmente a causa di un sabotaggio, che trasportava armi a L'Avana. Korda era lì per un servizio per il giornale Revolución e si era avvicinato alla piattaforma degli oratori. Con Castro c'erano altri leader della rivoluzione, gli scrittori francesi Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir e, naturalmente, il Che. Quando Korda arrivò vicino, si accorse che il Che - che era stato in piedi nella parte posteriore del palco - si era spostato in avanti. Fu colpito dalla sua espressione che, affermava Korda, mostrava "implacabilità assoluta", così come rabbia e dolore. Il fotografo impugnava una Leica M2 con lenti di 90 mm e con pellicola Kodak Plus-X, che conteneva già fotogrammi di Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir e Fidel Castro, tutti presenti alla cerimonia. Egli riuscì a fare due scatti - uno verticale e uno orizzontale - prima che il Che facesse un passo indietro. Nel primo scatto, orizzontale, Che Guevara venne ritratto tra alcune foglie di palma e il giornalista argentino Jorge Josè Ricardo Masetti Blanco (di origini bolognesi, noto anche come Comandante Segundo, desaparecido in Argentina nel 1964).
In seguito, nel corso del processo di elaborazione della pellicola, lo stesso Korda decise di isolare la figura del "Che" tramite una operazione di cropping, e di stampare solamente il primo piano del rivoluzionario argentino. Ironia della sorte, il giornale non utilizzò, per la pubblicazione del servizio, l'immagine del Che, ma scelse uno scatto di Castro con Sartre e de Beauvoir. Le foto rimasero a languire per anni sulla parete dello studio di Korda fino a quando, nel 1967, un editore italiano, Giangiacomo Feltrinelli, venne con una lettera del governo cubano chiedendo a Korda di aiutarlo a trovare un ritratto del Che. Il fotografo gli regalò due copie della sua foto, senza volere alcun compenso. Tornato in Italia, Feltrinelli scelse proprio il ritratto realizzato da Korda come copertina del "Diario in Bolivia" di Ernesto Guevara. Ma il punto di svolta per l'immagine fu il mese di ottobre del 1967, dopo l'esecuzione del Comandante in Bolivia. Dimostrazioni di condanna scoppiarono dappertutto e Feltrinelli decise di stampare numerosi poster con la foto del Che, tappezzando Milano. Lo scatto di Korda acquisì il nome di "Guerrillero Heroico" e da allora è divenuta una delle fotografie più celebri e più riprodotte della storia, in ambito ideologico, artistico e anche commerciale. L'immagine, nella reintepretazione operata nel 1968 dall'irlandese Jim Fitzpatrick (gli scarni tratti in bianco e nero del volto del Che su uno sfondo rosso fuoco), è entrata a tutti gli effetti nell’immaginario collettivo, diventando simbolo dei crescenti moti di rivolta operai e studenteschi di tutto il mondo, grazie alla sua massiccia riproduzione industriale su maglie, poster e bandiere.
Nonostante questo, Alberto Korda non ha mai reclamato i diritti né ha ricevuto alcun compenso.
Poiché Fidel non aveva riconosciuto o firmato la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, né Korda né la famiglia Guevara ha ricavato nulla dai miliardi di riproduzioni delle immagini. Senza la protezione del copyright, chiunque poteva usarli e pubblicarli. Nel 2000, però, Korda intraprese una battaglia legale contro l'azienda russa Smirnoff, rea di aver utilizzato la foto del Che per pubblicizzare la propria vodka. La vicenda si è conclusa con un accordo extra-giudiziale, che ha comportato l'esborso di 50.000 dollari da parte dell'azienda, che il fotografo ha donato al sistema sanitario cubano.
Resta, invece, ignota l’identità di colui che utilizzò l’immagine di Korda per creare serigrafie con lo stile di Warhol spacciandole come opere dell’artista statunitense.
Con riutilizzi infiniti per scopi commerciali e sociali, la foto ha subito un processo di trasformazione da icona a oggetto di consumo di massa, perdendo gran parte della sua individualità. Tuttavia, allo stesso tempo, ha anche acquisito una grande universalità, in quanto l'astrattezza del simbolo ha allontanato l'icona dall'individualità storica, controversa e complessa, di Ernesto Guevara, elaborandosi come ideale di lotta per la libertà semplificato ma privo di contraddizioni, immediatamente riconoscibile e adottato a livello planetario. L'immagine intensa dell'eroe, morto giovane e dunque destinato a un'eterna giovinezza, ha una qualità mitica che è avvincente. Il suo berretto, la barba, i capelli incolti lo legano all'uomo comune, mentre il suo sguardo lontano, distante, proiettato verso un orizzonte interiore e irraggiungibile, non è dissimile da quello presente nelle raffigurazioni del Buddha o di Cristo. Un'ambiguità iconografica che rende un personaggio abbastanza comune da potersi riconoscere e identificare in esso e nello stesso tempo eroico e distante da costituire un ideale utopico di riferimento.
Celebri sono anche le fotografie che del Che scattò Elliott Erwitt:
Elliott Erwitt – Che Guevara in Cuba, 1964 |
Elliott Erwitt, Cuba. 1964. Che Guevara. |
Questo link rimanda alla celebre Hasta siempre, scritta da Carlos Puebla nel 1965. Una canzone che, insieme all'immagine, ha fortemente contribuito alla costruzione del mito.
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