domenica 8 luglio 2018

Ombre dall'alto. Alexander Rodčenko

Alexander Rodčenko, La scalinata, 1930.

Alexander Rodčenko è stato un artista poliedrico, figura chiave dell'avanguardia russa e uno dei capofila del Costruttivismo. Grande fu l'influenza che esercitò su varie arti, tra cui il design, l'architettura e in particolare la fotografia, tanto da essere considerato il padre della fotografia modernista sovietica.
Attraverso le sue opere, Rodčenko dimostra chiaramente che la fotografia possiede un proprio linguaggio visivo, che supera le convenzioni pittorialiste della fotografia "artistica" radicatasi nella seconda metà dell'Ottocento, la quale cercava di riprodurre lo schema compositivo della pittura, imitando i generi classici come il ritratto, il paesaggio o la natura morta.

D’altra parte, l’artista introduce un cambiamento radicale del modo di concepire la natura della fotografia e il ruolo del fotografo: anziché mero riflesso della realtà, l’immagine fotografica diviene uno strumento per la creazione di un’arte veramente contemporanea, in grado di fondere l’approccio documentario con la ricerca di una composizione dinamica e a passo con i tempi, caratterizzati dallo sviluppo tecnologico e dall’architettura verticale.

Alexander Rodčenko, La ragazza con la Leica, 1934.

Nella fotografia, Rodčenko cerca angolazioni e prospettive insolite allo stesso modo dei maestri europei e americani, come Albert Renger-Patzsch, László Moholy-Nagy e altri. Di fatto in quegli anni esistono evidenti analogie tra la fotografia occidentale (quella della Bauhaus, ad esempio) e quella sovietica. Queste includono un punto di vista inconsueto, una ricerca degli schemi geometrici della composizione, una prospettiva angolare che privilegia lo scorcio e la linea diagonale.
Lo stile fotografico di Rodčenko è facilmente riconoscibile; esso sconvolge le convenzioni della tradizione. Per prima cosa, il punto di vista insolito (dal basso verso l’alto e viceversa), in contrapposizione a quello frontale che Rodčenko definisce ironicamente “ripresa ombelicale” (la ripresa "ad altezza di cintola" favorita dall'uso di apparecchi medio formato tipo Rolleiflex, con mirino a pozzetto, poi superata dall’introduzione della Leica nel 1925). Nel 1928 Rodčenko scriveva: “Se si desidera insegnare all'occhio umano a vedere in una nuova maniera, è necessario mostrargli gli oggetti quotidiani e familiari da prospettive ed angolazioni totalmente inaspettati e in situazioni inaspettate; gli oggetti nuovi dovrebbero essere fotografati da angolazioni differenti per offrire una rappresentazione completa dell'oggetto”.
In secondo luogo il dinamismo dell'immagine (con evidente rimando al futurismo), determinato soprattutto dalla vistosa inclinazione dell'asse di inquadratura: la macchina fotografica, posta obliquamente, cerca la composizione diagonale, cogliendo le forme del mondo in tagli atipici, capaci di sorprendere e disorientare l'osservatore. E poi la prospettiva scorciata, l’ingrandimento di dettagli, l’uso di ombre marcate, la presenza dell’uomo nel contesto urbano vista da angolazioni inconsuete.
In alcune delle sue foto più conosciute, come “La scalinata” o "Ragazza con Leica", risulta particolarmente evidente l'uso intensamente grafico delle ombre, chiuse e nette, eredità del rigore geometrico e compositivo proprio dell’astrattismo russo. L'oggetto è ripreso in modo talmente inconsueto da divenire astratto. Ne “La scalinata” l'inquadratura è di scorcio e dall’alto, tanto che la madre al centro dell'immagine non si capisce se sta scendendo o salendo la scalinata: gioco esaltato dalle ombre, trasformate in pure linee bianche e nere. Sia in questa foto, come in altre di Rodčenko, le persone che camminano per la strada sono riprese dall'alto con le figure scorciate e le ombre molto allungate.

Alexander Rodčenko, On The Pavement, 1930.

Come avveniva nel cinema, nel teatro e nella letteratura di quegli anni, anche in fotografia si indagano soprattutto la struttura e le potenzialità linguistiche del mezzo espressivo. Come si vede, le immagini di Rodčenko non perseguono un intento narrativo, né puramente descrittivo. La fotografia non è lo strumento che mostra il mondo, ma usa il mondo per esplorare ed esibire le proprie potenzialità.

Nel corso degli anni Trenta, le restrizioni imposte agli artisti dalla dittatura staliniana si fecero sempre più soffocanti, fino a dichiarare anti-rivoluzionario, e pertanto perseguibile, tutto ciò che non fosse palesemente rivoluzionario. Alcuni, come Malevič, accetteranno, seppur a malincuore, il compromesso; altri, come Majakovskij, preferiranno il suicidio, altri ancora sceglieranno una via di mezzo. Sarà il caso di Rodčenko: richiamato dal regime per il suo stile incline al formalismo e a uno sperimentalismo di stampo occidentale, ed invitato a praticare un’arte in linea con quella “rivoluzionaria”, finì per abbandonare la fotografia intorno al 1940.

A questo link un video sulla fotografia degli anni Venti:



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