Mario Cresci, dalla serie Ritratti reali, Tricarico 1967-72. |
Mario Cresci (nato a Chiavari nel 1942) è un maestro di fotografia, scrittore e graphic designer, attento ai mutamenti linguistici, tecnici e sociali che gradualmente si sono sviluppati nei cinquant'anni delle sua attività. Il suo rapporto col Meridione d'Italia, e con la Basilicata in particolare, inizia negli anni Sessanta, nel decennio successivo a quello in cui Ernesto De Martino conduce lì, in terra lucana, le sue ricerche antropologiche che porteranno alla stesura di “Morte e pianto rituale” e “Sud e magia”.
Si tratta, insomma, del periodo in cui sociologi e intellettuali cercano nelle comunità del Sud di sciogliere i nodi di quella questione meridionale che il dopoguerra aveva riscoperto come oggetto d'indagine imprescindibile e obiettivo etico e civile.
Mario Cresci si affianca al gruppo di urbanistica, architettura e design “Il Politecnico”, nato a Venezia intorno al sociologo Aldo Musacchio. Il progetto, che va avanti dal 1967 al 1973, prevede la realizzazione del piano regolatore di Tricarico, piccolo comune in provincia di Matera. Il compito di Cresci, oltre a occuparsi della grafica, è quello di effettuare un rilevamento fotografico di ambienti e oggetti, documentando tutti gli aspetti della vita sociale e produttiva della comunità.
L'esperienza del fotografo in Lucania non si fermerà qui. Cresci abiterà a Matera fino al 1988, lavorando sui concetti di territorio, memoria e archivio, venendo a contatto con una cultura altra, quella materiale e rurale del Mezzogiorno italiano, un microcosmo di storie, memorie, relazioni.
Tra gli altri progetti fotografici, Cresci realizza qui la serie dei “Ritratti reali” (1967-1972), in cui l’artista riprende gruppi familiari in interni mentre posano tenendo in mano fotografie dei loro antenati, come fossero i Penati della casa. “Ritratti reali” è una piccola “messa in scena” dove si crea una sovrapposizione temporale: i vivi e i morti, i soggetti ritratti e i volti dei loro avi raffigurati nelle foto, il tempo presente e quello passato raccontano una storia ciclica e guardano verso lo spettatore, rendendo visibile il legame della memoria che diventa parte di quella cultura materiale che caratterizza le società contadine.
Così l'autore dichiara in un'intervista:
“ “Ritratti reali” è una piccola “messa in scena” che ho voluto fare, una installazione. Si crea un effetto corto circuito spazio temporale, in cui si vedono persone che non ci sono più e persone vive, in una specie di racconto ciclico attraverso il rimando alle foto degli antenati.
Avevo coinvolto una quarantina di famiglie di Tricarico, sono stati vari livelli di lettura dei luoghi e delle cose. Anzi direi – dentro - le cose.
Mi interessava molto il rapporto con le persone, raccoglievo storie e testimonianze interessanti, spiegavo il mio lavoro. Mi colpì il fatto che alle pareti di quelle abitazioni non c’erano quadri o stampe ma foto. Tante foto incorniciate di persone. Qui il loro rapporto con la fotografia e la memoria era straordinario, con la passione e desiderio di avere con loro persone che non c’erano più. Per ogni foto ne stampavamo una copia che davamo alle famiglie per ricordo. Per cui io credo che la più grande collezione di mie fotografie sia nelle case degli abitanti di Tricarico…”
Lavorando sul campo a contatto con quel mondo, Cresci ne costruisce una sorta di mappa visiva che ingloba volti, oggetti, ambienti. E lo fa in un periodo di profondi cambiamenti sociali, in cui quel mondo contadino, con i suoi riti e il suo mondo magico, è ormai sul punto di dissolversi, soppiantato da una nuova cultura e una nuova economia.
Mario Cresci è un professionista e un artista che crede nell'impegno politico dell'uso dell'immagine: la fotografia è un'azione civile che mira non solo alla testimonianza, ma persegue anche nuove forme di rappresentazione. La sua forza sta sia nel suo potere di racconto del reale che nella sua capacità di immaginazioni utopiche, nel suo farsi atto creativo e strumento di analisi, non retorica ma progettuale, della realtà.
280 fotografie dell'autore sono conservate nelle collezioni del Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo (MI).
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