sabato 26 agosto 2017

Rodney Smith



I personaggi delle foto di Rodney Smith sono collocati in paesaggi sospesi tra realtà e immaginazione, dove vige la logica bizzarra del sogno e del nonsenso.
Nato nel 1947 negli Stati Uniti, Rodney Smith è un fotografo surrealista contemporaneo, il cui lavoro, come si legge nella breve biografia, è ispirato a Magritte.
Le sue fotografie sono visioni oniriche molto eleganti, che giocano con la logica e il paesaggio, permeando le immagini di sottili contraddizioni, di tranquille tensioni, di sorprese stravaganti.
Pur ispirando un senso di meraviglia e di spaesamento nello spettatore, le foto oniriche di Smith tendono ad essere più spensierate e meno sovversive rispetto a quelle dei fotografi surrealisti storici come Man Ray o Hans Bellmer. Nella calma ordinata delle sue immagini, non troviamo nulla delle distorsioni, delle ambiguità e delle provocazioni che caratterizzano gran parte di quella fotografia surrealista. Con quei fotografi però, e soprattutto con Magritte, condivide il ricorso allo scarto logico, il voler mettere in scacco la struttura della percezione comune e le aspettative di colui che guarda.
Nel mondo magico di Smith regna un equilibrio e una chiarezza formale che producono bellezza, ma non mancano il senso dell'umorismo e un tocco di stravaganza.



In questa foto una donna, con un lungo abito bianco, attraversa una porta posta in mezzo a un prato. Una porta è per definizione una soglia che mette in comunicazione due luoghi separati. E' dunque uno spazio limite, un passaggio. In questo caso il fotografo opera un sovvertimento spaziale e concettuale, una sorta di sineddoche visiva che astrae un elemento, la porta, da un tutto (i due luoghi messi in comunicazione da essa) mancante, per cui la percezione rimane sospesa, non potendo concludere il suo tragitto di interpretazione del rapporto interno-esterno.
Rodney Smith ha studiato fotografia presso l’università di Yale (però si è diplomato in Teologia), avendo come insegnante Walker Evans, uno dei fotografi che meglio ha raccontato la vita americana durante la depressione degli anni 20 e 30 del secolo scorso. Fu proprio Evans a far scoprire a Rodney Smith l'amore per la fotografia in bianco e nero (rigorosamente in pellicola).
Le sue fotografie creano composizioni eleganti e simmetriche, che giocano con la nostra percezione e la nostra razionalità, attraverso una narrazione figurativa che utilizza immagini con elementi più o meno incoerenti e che danno vita ad atmosfere e suggestioni di natura onirica.


Si tenga però presente che nelle immagini di surrealisti come Magritte, così come in quelle di Smith, l'aspetto onirico è solo formale, in quanto frutto di lucide e fredde ideazioni e composizioni, che nulla lasciano al caso o al sogno. Queste foto così ordinate ed eleganti non possono di certo essere accostate all'incandescenza del materiale inconscio.
I personaggi delle foto di Rodney Smith sono molto spesso gli omini magrittiani di "Golconde", con vestito nero, bombetta o borsalino e ombrello. Essi sono di sovente impegnati a guardare verso orizzonti misteriosi, mediante l'uso di binocoli, attraverso le finestre di un edificio o le siepi di un giardino, issati su scale a pioli o su trampoli come per poter guardare più lontano. Moltissime sono le foto di questo autore incentrate sul tema del "guardare", azione enfatizzata da elementi che ne sottolineano il carattere problematico. Infatti lo sguardo è spesso mediato, come si diceva, da oggetti tipo binocoli, lenti di ingrandimento, vetri di finestra, aperture dentro le trame intricate di siepi, o addirittura da scatole di cartone calate sulla testa, con dei fori all'altezza degli occhi. 


Contemporaneamente l'immagine rende problematica anche la sua stessa visione da parte dell'osservatore, perché mette in crisi alcuni presupposti comuni della percezione.
Rodney Smith ha recentemente pubblicato molte delle sue fotografie nella raccolta The End.

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