Per quanto io provi
con le mie braccia di carne e parole
premendo sulla scorza slabbrata
di questo ulivo contorto
questo affanno non sarà mai abbraccio.
Questa supplica non sarà mai preghiera.
Tornare nel grembo
dove unica risuona un'eco senza ritorni
è malinconia di desiderio.
Così resto appesa alle cose
come un fantasma alle sue catene
e più non stendo i laceri tappeti
per riempire i vuoti
tra corpo e corpo, tra mondo e mondo,
tra vita e vita.
E ripasso con le dita i contorni
di ogni appoggio, di ogni avvallamento
dove abbandonare le pretese.
Perché tutto alla fine conduce
al segno che non cinge e non prega
ma taglia e insieme accosta,
che annienta le difese e le dispone.
Dove la luce cerca i confini
tracciati a fil di piombo
nelle vetrate delle cattedrali
per sostare nelle forme un giorno
là dove l'ombra è più composta
e poi morire.
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