Domenico Ghirlandaio, Nascita della Vergine, 1485-90, Santa Maria Novella, Firenze. |
Vista con gli occhi di un uomo. Alcuni stereotipi di genere nell’arte dal Rinascimento al Novecento
INDICE DELL'INTERO PERCORSO
II - Angelo del focolare
INDICE DELL'INTERO PERCORSO
II - Angelo del focolare
Nell'ambiente della casa
La donna, per la sua posizione giuridica e sociale, era tenuta lontana dalla vita pubblica e quindi confinata nell'ambito familiare. Una rappresentazione molto comune della donna nell’arte è quella che la ritrae all’interno dell’ambiente domestico. In questi casi, la figura femminile non è raffigurata come soggetto passivo e inattivo, ma le attività che svolge sono comunque quelle che identificano i ruoli legati al suo genere, riassumibili in quelli di “moglie”, di “madre” e di "padrona di casa".
Nella pittura del Quattrocento e Cinquecento sono soprattutto le rappresentazioni di alcuni episodi della vita della Madonna che ci permettono di osservare, anche se in via indiretta, l’ideale morale della donna associato all’immagine della casa di cui è simbolo. Le sacre rappresentazioni disegnano, marcandoli, i confini entro i quali rappresentare lo spazio delle donne. E questi confini sono quelli delimitati dalle pareti della casa.
Il tema della Natività di Maria è un’occasione per rappresentare lo spazio domestico come luogo esclusivo delle donne. E’ comunque il caso di sottolineare che questi dipinti offrivano una visibilità senza precedenti al mondo femminile. Le immagini di nascite, siano della Vergine o del Battista, vanno inserite nell’ambito dei programmi di istruzione finalizzati alla formazione femminile secondo i precetti della morale cristiana. Fioriscono i trattati di “economica”, intesa nel senso di ‘economia domestica’, in cui la donna viene esaltata nel suo ruolo di regina della casa. In uno di questi, scritto da Giovanni Battista Assordi (1616), si legge che la donna deve crescere consapevole «che la casa è la sua sfera, et che non ne ha da uscire senza ragionevole occasione».
Domenico Ghirlandaio, Affreschi della Cappella Tornabuoni: “Nascita del Battista”, Santa Maria Novella, Firenze, 1485-90. |
L’affacciarsi alla finestra, o alla porta, il curiosare oltrepassando i confini della casa, o superandoli semplicemente con la vista, sono tra le mancanze imputabili alla donna secondo un manuale per la confessione composto dal beato Bernardino da Feltre (1439-1494). Il dettagliato elenco, stampato ancora nella seconda metà del Cinquecento, riservava esclusivamente alla donna l’incombenza di riferirsi al confessore allorquando fosse «stata a la finestra [o] al uscio per vaghezza». Lo sporgersi con lo sguardo e l’immaginazione fuori dello spazio riservato della casa, assieme ad altre condotte, era considerata una trasgressione. Lo spazio della donna è iscritto dentro le mura domestiche, che sono viste come barriere volte a contenere la libertà d’azione femminile e nello stesso tempo la difendono e ne proteggono la virtù e la reputazione.
Vittore Carpaccio, Nascita della Vergine. |
Un modo per garantire l’onore di una donna e, per estensione, della famiglia, consisteva nel tenerla chiusa in casa e nell’evitare che gli estranei la vedessero. L'occultamento visivo era importante quanto l’isolamento fisico delle donne. Per questo motivo le finestre e le porte venivano considerate come luoghi di confine potenzialmente pericolosi, luoghi di accesso delle tentazioni.
Le donne che si mostravano in pubblico venivano associate alle prostitute, che spesso venivano esposte alle finestre per attirare gli sguardi dei potenziali clienti. Le prostitute facevano esattamente quel che i moralisti condannavano: si affacciavano a porte e finestre. Le meretrici, infatti, facevano delle finestre e dei balconi il loro campo d’azione privilegiato per l'adescamento.
In diversi cicli pittorici, con tema alcuni episodi della vita mariana, la Madonna diventa il modello da seguire, anche per quanto riguarda la definizione degli spazi di azione adeguati alla donna.
L’episodio che avvicinava maggiormente l’esperienza quotidiana femminile alla vita di Maria era senz’altro la sua natività, in quanto quello del parto costituiva uno dei momenti cruciali della vita della donna. La Nascita della Vergine, soprattutto nella seconda metà del XVI secolo, ha goduto di un considerevole successo, anche come soggetto autonomo di pale d’altare.
Guido Reni, Nascita della Vergine, Palazzo del Quirinale. |
Le Natività si svolgono in ambienti familiari alle donne del Cinquecento. Vi è un’aderenza quasi perfetta tra la scena sacra e le immagini della nascita tramandate dai trattati di ostetricia del tempo. In tali dipinti assistiamo a scene che mostrano un repertorio di attività puramente femminili. Degna di nota è la disinvoltura con la quale le donne si muovono negli spazi in cui la presenza maschile è l’eccezione.
Un altro scenario possibile di vita femminile era offerto dal tema dell’Annunciazione.
I Vangeli canonici non descrivono il luogo di tale evento. Il Protovangelo di Giacomo divide l’episodio in due tempi. La Salutatio Virginis («Gioisci piena di grazia, il Signore è con te, benedetta tu tra le donne») e la conseguente Conturbatio di Maria si svolgono all’esterno, presso un pozzo dove la Vergine si sarebbe recata ad attingere acqua. Solo in un secondo momento sarebbe tornata a casa, mettendosi a filare la porpora e ricevendo l’annuncio del concepimento.
Beato Angelico, Annunciazione, 1437-46, Firenze, Convento di San Marco. |
Vittore Carpaccio, Annunciazione, 1504. |
Fra Filippo Lippi, Annunciazione, 1443 ca. |
Il Rinascimento italiano cerca di coniugare insieme queste due diverse ambientazioni, proponendo, per le Annunciazioni, uno schema canonico: le due figure sono di profilo, una di fronte all’altra e, in molti casi, Maria viene collocata in un interno, mentre l’angelo resta fuori. La posizione della Vergine, tuttavia, è liminare, individuata in uno spazio al confine tra interno ed esterno, di solito un porticato delimitato da archi e colonne, ma privo di porte o finestre. I due ambienti, benché separati, sono comunicanti e quello occupato dalla Vergine resta un ambiente connotato più che altro dall’essere un luogo di preghiera, più che uno spazio domestico.
Molto diverso, invece, appare il panorama iconografico fiammingo. Le Annunciazioni di Rogier van der Weyden o del Maestro di Flémalle, infatti, sono ambientate in case borghesi a tutti gli effetti, con arredi e oggetti che caratterizzano uno spazio domestico in quanto luogo delle attività femminili.
Rogier van der Weyden, Trittico dell'Annunciazione, 1434. |
Maestro di Flémalle, Trittico dell’Annunciazione di Mérode, 1425, Metropolitan Museum of Art, New York. |
Joos van Cleve, Annunciazione, 1525, (Metropolitan Museum of Art). |
Lorenzo Lotto, Annunciazione, 1534-1535, Recanati, Pinacoteca Civica, Villa Colloredo Mels. |
Interni borghesi e attività domestiche
Donna che legge una lettera davanti alla finestra è un dipinto di Jan Vermeer del 1657. Siamo nell'Olanda del Secolo d'oro, il Paese dove è presente il più nutrito e coeso ceto borghese del continente: mercantile sul piano economico e riformato sul piano religioso. In questo contesto, si sviluppa una produzione artistica destinata non più ai tradizionali committenti della corte o della Chiesa, ma alla nuova classe dirigente, la borghesia appunto, ai cui valori questi artisti danno forma. E questo committente preferisce delle rappresentazioni legate ai temi della vita quotidiana, piuttosto che i classici soggetti mitologici o religiosi. Si diffonde la pittura di genere: paesaggi, nature morte, ritratti, interni domestici, contesti quotidiani in cui la società borghese può specchiarsi e riconoscersi e con cui, si potrebbe dire, costruire una nuova ritualità laica.
Jan Vermeer, Donna che legge una lettera davanti alla finestra, 1657 circa, Gemäldegalerie di Dresda. |
Una società moderna, borghese, è una società che ha stabilito dei confini precisi tra sfera pubblica e sfera privata. Quest’ultima è rappresentata dalla “casa”, spazio non solo fisico ma anche simbolico, che separa ciò che è familiare da ciò che è estraneo. L’interno della casa è il mondo abitato soprattutto dalle donne, angeli del focolare, che svolgono i lavori domestici e attendono gli uomini che operano all'esterno, nel mondo degli affari e della politica.
Molti dipinti di questo autore sono ambientati nella silenziosa tranquillità di una dimora, cioè nella sfera privata dei soggetti raffigurati. Il tema della donna che legge o scrive una lettera nella quiete di una stanza è stato da Vermeer rappresentato in numerose opere. Lo spettatore di questi dipinti non è di fronte a un evento storico, mitico o religioso che si dispiega davanti ai suoi occhi apertamente. Di fronte a una scena domestica e intima l’atteggiamento dell’osservatore muta necessariamente: egli è come introdotto di nascosto davanti a situazioni che le pareti delle case racchiudono e proteggono dall’esterno. La qualità dello sguardo subisce un cambiamento radicale. Lo spettatore, di fronte a questi quadri, si sente come colui a cui è stato permesso di “scrutare” con discrezione alcuni momenti di vita privata, ripresi nell'intimità della casa.
Jan Vermeer, Donna che scrive una lettera alla presenza della domestica, 1670, National Gallery of Ireland, Dublino. |
La costruzione prospettica dell'opera è molto accurata e anche la resa realistica dei minimi dettagli, così come è nella tradizione della pittura fiamminga; ma sono soprattutto gli effetti di luce il grande pregio del dipinto, in particolare sulla grande tenda verde in primo piano. Questa sembra un sipario, tirato da parte per rivelare questo momento privato della vita della giovane donna. Come il sipario di un palcoscenico, che però resta separato dalla platea da una quarta parete invisibile, dietro la quale lo spettatore-voyeur contempla un attimo di intimità. Oltre alla tenda, altri oggetti sembrano costruire una barriera che separa il quadro dallo spettatore: il letto, la pesante coperta, il vassoio e la frutta che ne fuoriesce. Il personaggio che occupa la scena ormai abita un suo mondo autonomo e distaccato, che ricrea con realismo le scene di vita quotidiana.
Anche l'olandese Pieter de Hooch, come Vermeer, è un pittore del Secolo d'oro dell'arte olandese. La sua carriera si svolge soprattutto a Delft, stessa città in cui operava Vermeer, ritraendo in particolar modo interni e scene familiari di vita borghese, caratterizzati da grande cura per i dettagli di vita quotidiana.
Pieter de Hooch - A Woman Reading a Letter by a Window, 1664 |
Personaggi privilegiati da De Hooch sono le donne a casa con i loro figli: la madre che sorveglia la culla, che serve la sua famiglia a tavola, che lavora nella sua cucina o cuce o legge una lettera seduta vicino a una finestra (testimonianza, peraltro, del livello di alfabetizzazione femminile). La nota fondamentale di ogni singolo quadro è una intima semplicità; il pittore ci conduce in un ambiente calmo e tranquillo, molto pulito e ordinato, abitato da persone benestanti, un mondo la cui calma non è mai infranta da alcun evento sensazionale.
I soggetti rappresentati sono scene di vita quotidiana, ma è palese l'aura di spiritualità e di sacralità che le pervade. E' la sacralità della casa e della famiglia, i nuovi valori di una classe borghese che esige e fonda una sua propria liturgia. I soggetti raffigurati sono scene casalinghe, ma l'atmosfera in cui sono calati ricorda quella di certe iconografie religiose con protagonista la Vergine Maria.
Attività domestiche: la lettura
Gabriel Metsu, A young woman seated in an interior, reading a letter, 1658-61 ca. |
Attività domestiche: la scrittura
Attività domestiche: i mestieri
Pieter Janssens Elinga, “Interno con gentiluomo, donna che legge e cameriera”, ca. 1670. |
Giuseppe Maria Crespi, La sguattera, 1725 ca., Uffizi, Firenze. |
Attività domestiche: la cucina
Jan Vermeer, La lattaia, 1660 ca. |
Jean-Baptiste de Saive (cerchia di), Interno di cucina con domestica 1563. |
Attività domestiche: il cucito
Guido Reni, Madonna del cucito |
Seguace di Guido Reni, L'adolescenza della Vergine. |
Atività domestiche: suonare uno strumento
Vilhelm Hammershøi, Intérieur avec piano et femme vêtue de noir, 1901, Ordrupgaard museum de Copenhague |
Gustave Léonard de Jonghe |
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