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venerdì 20 marzo 2020

LA FEMME FATALE DELLA BELLE ÉPOQUE

Lucien Levy-Dhurmer, Eve, 1896.


Vista con gli occhi di un uomo. Alcuni stereotipi di genere nell’arte dal Rinascimento al Novecento

INDICE DELL'INTERO PERCORSO
Introduzione
I - Passivo oggetto dello sguardo
II - Angelo del focolare
Appendice - Con le mani in mano
III - Femme fatale
      - Donne che uccidono gli uomini
      - La femme fatale della Belle Epoque
      - Donne al tavolo di un bar
IV - Corpi tra metamorfosi e frammentazioni


La cultura estetica di fine Ottocento pone la donna al centro del suo universo immaginifico, enfatizzando il mito della femme fatale, che dalle liriche di Baudelaire approda ai romanzi decadenti, al teatro, alle correnti artistiche a cavallo tra i due secoli fino al cinema muto.
La storia è attraversata da figure di donne ambigue, seduttrici e pericolose: Eva, Lilith, Salomé, Jezebel, Dalila della Bibbia, la Maga Circe, Medea, Clitennestra, Elena di Troia dell’antica mitologia greca, Cleopatra, Messalina e Poppea della storia romana, la fata Morgana, la maga Alcina e Armida della letteratura epico-cavalleresca, solo per citare gli archetipi leggendari più noti, a cui aggiungere tutte quelle figure ibride del mito, come la sfinge, le arpie, le sirene da sempre viste come una minaccia per l'uomo.



Gustave Moreau, Edipo e la Sfinge, 1864


L'intera storia della Cristianità è fondata sul mito del peccato originale, cioè sul racconto di Eva che tenta Adamo, portandolo alla rovina. Tuttavia, nel corso dei secoli precedenti la rappresentazione della donna come figura perversa e tentatrice non aveva mai conosciuto l’enfasi che subisce invece nel periodo a cavallo dei due secoli. E' questa l'epoca che conosce la celebrazione del mito della femme fatale, sia nelle arti che nella letteratura. Si tratta, infatti, di una costruzione culturale che riflette i cambiamenti di quel periodo, passato alla storia con l’espressione di Belle Époque, i cui termini sono convenzionalmente fissati tra il 1871 e gli anni subito precedenti la Prima guerra mondiale, periodo caratterizzato da un significativo cambiamento del ruolo delle donne nella società, che avevano conquistato una maggiore indipendenza e consapevolezza del proprio status.



Fernand Khnopff, Le carezze.

La dissoluzione del sistema patriarcale, operata dalla rivoluzione industriale, aveva offerto alle donne la possibilità di emanciparsi e liberarsi dal tradizionale modello di sottomissione al maschio. Ne è un esempio Casa di bambola del 1897 di Ibsen, che racconta la storia di una donna che abbandona i figli e il marito, avendo preso coscienza di se stessa e ribellandosi perciò alla propria condizione di bambola priva di volontà, sottoposta all’autorità del marito e delle convenzioni sociali.
Il venire alla luce di questa nuova donna, più autonoma e forte, che ha maggior accesso all’istruzione e ai ruoli pubblici e che comincia a reclamare il suo diritto all’emancipazione (risalgono a questo periodo i primi movimenti femministi), cioè a essere non solo madre, moglie e angelo del focolare, contribuisce a minare ulteriormente le certezze dell’universo maschile, già messe a dura prova dalle profonde trasformazioni della società industriale.

Carlos Schwabe, Destruction, illustrazione per Les fleurs du mal, 1900.

Ma c'è un altro elemento storico da prendere in considerazione, che coinvolge il pensiero scientifico di quel tempo, rivoluzionato dalla teoria darwiniana dell'evoluzione, e che porta alla genesi di alcune assurde dottrine sulla razza, sulla classe e sul sesso. La scienza, in particolare quella antropologica e medica, cerca di dimostrare come la natura abbia conferito alle donne un istinto primitivo che le rende irrazionali, tendenti all'isteria, seduttrici, predatrici, distruttrici  e dunque una minaccia per l'uomo, perché capaci di annichilirlo, soggiogarlo, prosciugargli le energie vitali fino ad annientarlo. Queste dottrine medico-scientifiche si riflettono su tutto l'immaginario letterario e artistico di fine Ottocento e inizi Novecento, contribuendo all'elaborazione dell'archetipo della femme fatale, della donna pericolosa, tagliatrice di teste, in grado di condurre l'uomo alla perdizione e alla rovina.
D'altra parte anche Freud, nei suoi scritti e negli stessi anni, si riferiva ai miti della letteratura greca con le sue figure di femmine castratrici e vendicatrici, da Clitennestra a Medea, da Atena a Circe.

Félicien Rops, Le sacrifice, 1882.

Di fronte alla femme fatale l'uomo ne è fatalmente attratto e nello stesso tempo ne è atterrito. Le donne che rivendicano emancipazione, maggiore spazio sociale e più libertà sessuale sono percepite come una minaccia per il potere dell'uomo, provocando l'insorgenza di nuove paure e dei desideri di esorcizzarla attraverso l'elaborazione di figure ideali, sia negative che positive. La donna resta ancora l'oggetto delle proiezioni dell’immaginario maschile, ma acquista nuove declinazioni, che la inchiodano a ruoli ed archetipi contrapposti, che ne danno una visione duale: da una parte creatura angelica ed eterea, vergine asessuata, principio di purezza ed elevazione spirituale, dall'altra essere inquietante e peccaminoso, desiderato ma, allo stesso tempo, misterioso e pericoloso, emanante un fascino incontrollabile e mortale, incarnazione dell'infernale serpente tentatore, che spinge al peccato e annichilisce la razionalità degli uomini, che perciò si dimostrano del tutto inetti e soggiogabili, facilmente spinti verso gli istinti più bestiali. Da una parte la "venere bianca" e dall'altra la "venere nera", per dirla con le espressioni di Baudelaire, che esalta il mistero femminile nelle sue declinazioni di vergine e prostituta, essere spirituale e carnale, dea e strega, angelo e demonio, portatrice sia di redenzione che di perdizione.

Franz  von Stuck - La lotta per la donna

La produzione artistica e letteraria dell'epoca è caratterizzata dalla lotta costante tra l'idealismo spirituale e la tentazione della carne ed è la figura della donna, ancora idealizzata in allegoria, che personifica questa tensione. Questo archetipo del doppio femminino lo ritroveremo nel romanzo Il Piacere, di Gabriele D'Annunzio, diviso tra la voluttuosa e sensuale Elena, che incarna la pulsione erotica tormentata e perversa, e la pura e celestiale Maria, che incarna l'amore puro e platonico.

Gustave Moreau, L'apparizione (Salomè e la testa di San Giovanni Battista), particolare, 1876

L'incarnazione più radicale della femme fatale è la figura di Salomè. Del 1875 è L’apparizione del simbolista Gustave Moreau, noto come il “pittore delle Salomè”, che rappresenta il personaggio biblico nel suo aspetto ambiguo, delineando già quell'intreccio letale tra eros e thanatos che sarà poi distintivo di tutte le femmes damnées che avranno grande risonanza nell’arte successiva.
Salomè non viene più presentata come lo strumento innocente di sua madre Erodiade ma come una figura misteriosa, una maga esoterica ben consapevole del suo potere, che indica la testa del Battista con gesto solenne del braccio alzato, come fosse l'incarnazione di una potenza occulta e primordiale. Il personaggio diventa in questo modo uno stereotipo iconografico che condensa il binomio seduzione e distruzione; si afferma come un simbolo ambiguo, sospeso tra innocenza e demonicità.
Nella maggior parte dei dipinti che la raffigurano, Salomè è parzialmente o totalmente nuda e indossa bracciali, gioielli e copricapo esotici. A volte regge il vassoio con la testa di Giovanni, secondo l’iconografia tradizionale, altre volte è impegnata in una danza sensuale. Il suo sguardo non è più quello dolce e sottomesso o riluttante delle rappresentazioni rinascimentali e secentesche, che distoglieva la vista dall'orrida visione del capo mozzato del Battista, ma torbido e sfrontato, sicuro di sé.
Franz von Stuck, Salomè

Nel 1896, al Teatro dell’Oeuvre di Parigi, viene rappresentata la Salomè di Oscar Wilde, un dramma in un atto nel quale l’autore stravolge del tutto l'intreccio biblico. Salomè è la ragazzina capricciosa e volubile che si invaghisce del Profeta Giovanni e, non potendolo avere a causa del rifiuto di lui, lo fa ammazzare. Per tale motivo i critici dell’epoca giudicano il personaggio di Wilde una figura isterica, ninfomane e necrofila. Il giovanissimo artista Aubrey Beardsley realizza delle illustrazioni per la traduzione inglese, in cui Salomè appare come una strega lasciva, che ricorda i demoni delle stampe giapponesi, molto di moda all'epoca. In una di queste tiene davanti al viso la testa del Battista come fosse un oggetto d’amore. Nei quadri di von Stuck Salomè è raffigurata come una donna esotica e sanguinaria, seducente e inebriata da una danza erotica (simile a quella che Isadora Duncan o Mata Hari eseguono sui palcoscenici o nei music-hall), che esige la testa del Battista per soddisfare la propria personale depravazione, incarnando nel modo più radicale la figura di donna fatale, il mito di un eros ambiguo e perverso, quintessenza degli umori decadenti fin-de-siècle.

Aubrey Beardsley - Illustrazioni per la Salomé di Oscar Wilde

Il motivo della perversa relazione amorosa di Salomé con la testa del Battista viene sfruttato anche all'inizio del XX secolo nel campo della fotografia. Trova la sua fonte nell'immaginario medico sull'isteria che Jean Martin Charcot aveva realizzato il secolo prima, proprio grazie alla fotografia, nell'ospedale parigino della Salpêtrière. Il fotografo ceco Drtikol attinge a questo catalogo di espressioni dell’isteria per comporre il suo ciclo di fotografie sul tema di Salomè.

Salomè

Nel 1909 Richard Strauss mette in scena la Clitemnestra (tratta dall’Elettra di Sofocle), in cui la protagonista sposa Agamennone, l’assassino del primo marito, e in seguito ordisce l’uccisione dello sposo, per il rancore dovuto alla gelosia e al sentimento materno.

Nell’ultimo decennio del secolo vengono alla luce alcune opere di Edvard Munch, come La donna vampiro del 1893, in cui il soggetto femminile è presentato come demone predatore che succhia il sangue dell’uomo soggiogato dal suo potere di seduzione, e la sacrilega Madonna (1984-95) in cui la Madre di Cristo è raffigurata seminuda, inquadrata dal basso, mentre si offre conturbante e sensuale allo sguardo dello spettatore.

Edvard Munch, Il vampiro, Madonna (1894-95)

E’ soprattutto l’Art Nouveau (movimento artistico che in Germania prende il nome di «Jugendstil», in Spagna «Modernismo», in Italia «Liberty», in Austria «Secessione») che elabora queste figure di donne fatali, lasciandoci vere e proprie icone immortali. La Belle Époque respira un clima generale di ottimismo, favorito dal progresso tecnologico e industriale. Tuttavia tensione e oscurità covano sotto lo splendore dei fregi dorati; i più sensibili avvertono i prodromi del disfacimento di quel mondo alla moda. Gli artisti leggono Così parlo Zarathustra di Nietzsche, il romanzo A rebours di Huysmans e ascoltano il Parsifal di Wagner. Freud scopre l’inconscio, cioè il lato oscuro della vita umana e proprio l’inconscio, la sensualità e l’eros, il sogno e il mistero della natura sono i grandi temi dell’Art Nouveau.
Durante il periodo della Secessione, gli artisti sono ossessionati dal topos della femme fatale, figura ambigua, infida e letale per il maschio proprio in virtù del suo potere di seduzione. La donna è vista soprattutto come un essere primigenio, espressione di una libertà primordiale e ferina che i condizionamenti sociali hanno soppresso; la sua essenza è il corpo, cieco elemento naturale, da cui sgorga un piacere proibito che può condurre alla perdizione; ella è spietata e dominatrice ma anche seducente e irresistibile.

Franz Von Stuck, Il Peccato, 1893, Neue Pinakothek, Munich.

Franz von Stuck, Die Sünde, 1893.

Franz von Stuck, Testa di Medusa, 1892 ca.

Franz von Stuck, Il bacio della sfinge, 1895.

Franz von Stuck, Giuditta e Oloferne, 1927

Franz von Stuck, fondatore della Secessione di Monaco, eredita dal clima morboso e decadente del Simbolismo francese i temi dell’erotismo torbido e dissoluto. Il suo capolavoro, Il peccato (Die Sünde), realizzato in otto diverse versioni, ci mostra la figura di Eva, nuda, immersa in un nero profondo e avvolta dall’enorme serpente che cinge il suo corpo latteo. Il suo sguardo diabolico si rivolge allo spettatore, per ammaliarlo e condurlo alla perdizione. Oltre alla figura di Eva, nella cui rappresentazione viene consolidato il legame tra donna e demonio e tra erotismo e peccato, il mondo pittorico di von Stuck è popolato da altre figure femminili fatali: la Medusa e la Sfinge, Giuditta e Salomè, ritratte nel loro aspetto più oscuro e perverso.

Félicien Rops

Félicien Rops, La dame au pantin, 1883.

Intorno al tema della donna diabolica ruota anche l’arte estremamente trasgressiva del belga Félicien Rops, molto apprezzato dagli scrittori e poeti del Decadentismo francese, in particolare da Baudelaire, e i cui disegni, dall’erotismo spinto fino all'oscenità, mescolano sesso, morte, follia e incubi satanici.
Rops è ossessionato dalla figura della donna dominatrice, figura carnale che con l'eros e la lussuria porta l'uomo alla dannazione. Esprime questo tema nelle sue illustrazioni, in particolare nelle varie versioni di La dame au pantin, che ritraggono donne mondane che in una mano stringono una marionetta raffigurante spesso un uomo borghese con cilindro e bastone, dal cui ventre gonfio cadono monete.
Raffinatissimo esponente dell’Art Nouveau francese è il parigino Georges De Feure, artista eclettico e raffinato, le cui donne fatali, algide sofisticate, ricalcano gli archetipi dell’eterno femminino presenti ne Le fleurs du mal, e sono rappresentate con lo sguardo ammaliante e sicuro di sé, spesso nell’atto di fumare, ma sono, d'altra parte, ridotte a decorazione, a motivo ornamentale.

Georges De Feure

La donna è anche il soggetto principale di artisti come Alphonse Mucha, i cui manifesti di donne disinvolte e avvenenti, con corpi flessuosi, abiti svolazzanti e sguardi ammalianti, erano tanto diffusi da diventare popolari, inconfondibili, nel clima sfavillante della Belle Époque. Celebre la sua pubblicità per le cartine di sigarette Job, una delle prime che utilizza il corpo della donna e l’erotismo per scopi pubblicitari: una donna voluttuosa, dallo sguardo languido e dalle labbra socchiuse, regge in mano una sigaretta accesa.
All'inizio diviene famoso in particolare per la realizzazione di vari manifesti che immortalano l'immagine della Divina, la femme fatale per eccellenza nell'immaginario del tempo, l'attrice Sarah Bernhardt, consolidandone lo status iconico.
La donna è il soggetto per eccellenza della Belle Époque, e anche quando viene  rappresentata in modo elegante e luminoso, come è proprio dello stile Liberty, viene ricondotta al suo essere corporeo, appartenente al mondo istintivo della natura, alle sue forze oscure o vitalistiche, mentre l'uomo occupa la sfera cerebrale della cultura.

Alphonse Mucha, Manifesto per le cartine delle sigarette Job.
Alphonse Mucha, Sarah Bernhardt. La Plume 15 December 1896

Alphonse Mucha

La figura femminile è sicuramente il soggetto più presente nella pittura di Gustav Klimt; essa è la personificazione dell’eros, inteso come amore e morte, salvezza e perdizione.
Nelle sue tele, la donna è sicura di se stessa e del potere che ha sull’uomo; conscia del fatto che è tramite esso che si rinnova in eterno la vita nell’universo.
La sua Giuditta ha appena compiuto il suo delitto e tiene tra le mani, appena visibile, la testa di Oloferne. Ha gli occhi e la bocca socchiusi in un’espressione di torbida voluttà e colma di piacere, quasi godesse del macabro trofeo che tiene tra le mani.

Gustav Klimt, Giuditta (1901), Giuditta II (1909)

Nell’altra versione, conosciuta anche come Giuditta II o Salomè, Giuditta ha il seno nudo, i capelli sciolti e si sporge in avanti e con le mani ad artiglio trattiene la testa di Oloferne per i capelli. Ancora eros e thanatos, il sesso e la morte, sono indissolubilmente intrecciati. Giuditta II, tuttavia, non ci guarda spavalda e provocante, consapevole del proprio fascino e del potere che esso ha sull’uomo come faceva la Giuditta della prima versione, ma evita il nostro sguardo e fissa un punto lontano come persa nei propri pensieri. Siamo nel 1909, alle soglie del grande disastro della guerra, alla vigilia della dissoluzione di quel mondo dorato e seducente che ha fatto della donna la sua eroina di fascino e perdizione.

Pesci argento (Sirene), ca. 1899, Gustav Klimt, Albertina.

GALLERIA


Max Klinger, Die Schlange, 1880

Fidus (Hugo Hoppener, Satana, 1896.

Marcel Lenoir, Le monstre, 1897.

Valère Bernard, Le Sphinx, 1896. Acquaforte

Giulio Aristide Sartorio, La Gorgone e gli eroi, 1897, Galleria Nazionale Arte Moderna, Roma

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