Giorgio de Chirico Ettore e Andromaca, 1917. |
Le figure che abitano i quadri della pittura metafisica sono enigmatiche; la loro natura è sempre sospesa tra il tempo e il fuori dal tempo, tra l’essere e il non essere. Si riconoscono come personaggi della storia umana e, tuttavia, sono fatte di materia inerte e prive di fisionomia. Né vive né morte. Sono fredde statue o rigidi manichini senza volto, immersi in uno spazio immaginario senza tempo.
“Quale sarà il fine della pittura del futuro? – scrive De Chirico nel manoscritto Paulhan – […] Spogliare l’arte di ogni residuo di routine, di regola, di tendenza a un soggetto, a una sintesi estetica; sopprimere completamente l’uomo come punto di riferimento, come mezzo per esprimere un simbolo, una sensazione o un pensiero: liberarsi una buona volta di tutto ciò che continua a frenare la scultura: l’antropomorfismo. Vedere tutto, anche l’uomo, come cosa. È il metodo nietzschiano. Applicato in pittura, potrebbe dare risultati straordinari.”