"La pazzia, signore, se ne va a passeggio per il mondo come il sole, e non c'è luogo in cui non risplenda."
"La dodicesima notte, Atto III, Scena I".
Due tragedie di Shakespeare, in particolare, Amleto e Re Lear, ruotano interamente intorno al tema della follia. La follia, in Shakespeare, si carica di elementi tragici, mettendo a nudo le contraddizioni, le paure e le passioni degli uomini. Questo tipo di follia, però, viene ancora sentita come parte integrante della natura umana, in grado di rivelarne tutte le complesse sfaccettature.
Entrare in una condizione di pazzia è essenziale per conoscere la verità (Amleto si finge pazzo per scoprire la realtà sull'assassinio del padre, Edgar simula la follia per poter aspettare il momento giusto e colpire il suo avversario, il fratello Edmund), ma c'è chi, come Ofelia, non è più in grado di uscirne e soccombe, sotto il duplice choc del rifiuto di Amleto e dell’uccisione del padre da parte dell'uomo amato.
John Everett Millais, Ophelia, 1851-52, Tate Gallery, Londra.
La follia è spesso, in Shakespeare, fonte di rivelazione. Come l'accecamento permette al conte di Gloucester di vedere ciò che ai suoi occhi era prima nascosto, cioè la verità sui suoi figli, lui che aveva prediletto il figlio traditore e cacciato quello devoto, così la pazzia permette a Re Lear di riconoscere la fedeltà di Cordelia e l'ipocrisia delle altre sue figlie e di tutta la corte, dominate da passioni e brame di potere. La pazzia disvela ciò che il sapere comune aveva offuscato; la follia, da cecità verso il mondo circostante diventa fonte di più acuta penetrazione.