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mercoledì 6 gennaio 2016

La dilatazione dello spazio pittorico attraverso lo specchio. L'oeil de sorcière nella pittura fiamminga

Petrus Christus, Sant'Eligio nella bottega di un orefice, 1449. Metropolitan Museum di New York.
Il pittore fiammingo Petrus Christus raffigura qui Sant'Eligio, protettore degli orefici. Allievo e continuatore di Jan Van Eyck, Petrus Christus vive a Bruges, che è allora la capitale commerciale del Ducato di Borgogna. I capi della Gilda degli orefici gli hanno commissionato il quadro dedicato al loro patrono, Sant’Eligio, per esporlo nella sede della Corporazione.
Sant'Eligio è ritratto in una bottega, mentre soppesa degli anelli nuziali. Come sempre nell'arte fiamminga grande attenzione è rivolta nella cura dei dettagli e nella resa dei materiali di cui sono fatti gli oggetti raffigurati, che sono numerosi e minuziosamente riprodotti.
Nell'angolo in basso a destra si trova uno specchio convesso, molto simile a quello che il suo maestro Van Eyck aveva dipinto nel Ritratto dei coniugi Arnolfini. Tale specchio convesso era chiamato “Oeil de sorcière” (occhio di strega) o “specchio dei banchieri”. Veniva usato nelle case come portafortuna, contro il malocchio e per cacciare le streghe, e nelle botteghe di orafi e banchieri era un efficace strumento per vedere cosa accadeva fuori dal negozio e quindi per tenerlo sotto controllo.Qui lo specchio riflette la strada, gli edifici con gli alti tetti caratteristici di Bruges e due passanti che sembrano essersi fermati a guardare la vetrina.
Il quadro nel quadro, una cornice nella cornice, un gioco di illusioni.

Quentin Massys, L’usuraio e la moglie (1514).

Una situazione molto simile è raffigurata nell'opera di Quentin Massys, L’usuraio e la moglie (1514). Anche qui un altro interno di bottega e anche qui sul bancone uno specchio convesso che riflette l'esterno.

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