Das Cabinet des Dr. Caligari, regia di Robert Wiene, 1920. |
Il gabinetto del dottor Caligari (Das Cabinet des Dr. Caligari) è un film muto del 1920 diretto da Robert Wiene ed è il simbolo del cinema espressionista tedesco. Progenitore per eccellenza del genere fantasy ed horror, il film prende vita nella Germania ferita e umiliata dalla sconfitta nel primo conflitto mondiale, nel clima instabile della Repubblica di Weimar, e inscena una parabola gotica e fantastica incentrata sul potere oscuro dell'ipnotismo e del controllo della mente.
Comincia come un racconto, che si sviluppa in un lungo flashback. Il protagonista, lo studente Franz, narra le oscure vicende legate all'arrivo alla fiera annuale dell’immaginaria cittadina di Holstenwall del baraccone del dottor Caligari, uno strano tipo con occhiali, bacchetta e cilindro, che presenta la sua attrazione: Cesare il sonnambulo, che tiene chiuso sotto ipnosi in una bara e che, un volta svegliato, è in grado di predire il futuro. Contemporaneamente al suo arrivo cominciano ad avere luogo nel paese delle morti sospette. Si scopre che autore dei delitti è Cesare, su ordine del dottor Caligari, che lo tiene soggiogato con le sue facoltà ipnotiche, e che questi altro non è che il direttore di un manicomio. Così si chiude il lungo racconto in flashback ed è qui che lo spettatore viene a conoscenza di un’altra realtà: il protagonista Franz, insieme ad altri personaggi del racconto, sono i pazienti di un istituto psichiatrico, il cui direttore ha le fattezze di Caligari, e la storia a cui ha assistito fino a quel momento non è altro che il delirio paranoico di un folle. Forse…. Come interpretare il ghigno finale del dottore diretto alla macchina da presa?
Il meccanismo espressionista, inteso come prevalere della realtà interiore su quella esteriore, coinvolge sia la messinscena del film sia la sua struttura narrativa. La parola d’ordine è “distorsione”: degli spazi, degli elementi in essi collocati, delle percezioni, della storia, della realtà stessa.
Per quanto riguarda la messinscena, la pellicola è realizzata in studio e con fondali dipinti in assenza di prospettiva. La scenografia, ad opera dei pittori (perché pittura e cinema costituiscono un'arte totale e inscindibile) e scenografi espressionisti Herman Warm, Walter Reimann e Walter Rorhig, è caratterizzata da una stilizzazione antinaturalistica e dalle geometrie deformate, con particolare attenzione agli esterni berlinesi di Ernst L. Kirchner. Il tutto mira a negare radicalmente la tradizionale impressione di realtà del cinema. Paesaggi frastagliati di angoli acuti e linee spezzate, architetture come incrocio di forme fratturate, pareti e finestre inclinate, scale che si sviluppano su diagonali impossibili, stradine cieche che si snodano in zig-zag insensati, tutto concorre a rendere la soggettività della visione, la percezione allucinata e angosciosa di una realtà instabile e ingannevole. Anche l’illuminazione assume una funzione decisiva di organizzazione espressiva dello spazio, operando violenti contrasti di luci ed ombre, che amplificano le distorsioni oniriche e l’atmosfera di tensione del film.
La recitazione è palesemente teatrale e caricata, i personaggi, in particolare il sonnambulo Cesare, camminano spesso e volentieri schiacciati al fondale.
Il regista stesso enuncia in modo sintetico ed efficace i caratteri del cinema espressionista: "Per l'artista espressionista ciò che è esterno è apparente. Egli intende piuttosto rappresentare ciò che è interiore. […] Attraverso l'espressionismo noi comprendiamo come la realtà sia irrilevante e come l'irreale sia potente: ciò che non è mai esistito, ciò che è stato solo percepito, la proiezione di uno stato d'animo verso l'esterno". Caligari è un film che, oltre ad enunciare temi e canoni espressivi del futuro genere fantasy-horror, rappresenta anche un ribaltamento ontologico radicale: la messa in discussione della realtà (e della verità) è appena cominciata.
Il gabinetto del dottor Caligari è un film strutturato intorno alla paranoia: non c'è infatti nessuno che possa dichiarare alla fine del film quale sia la verità: allucinazione di una mente alienata o diabolica machinerie di uno scienziato folle, prototipo dei futuri mad doctors che daranno vita ad automi perversi o creature mostruose e pericolose? Il personaggio di Cesare, più simile a un manichino che a un essere umano nella sua figura sottile in calzamaglia nera, prefigura i futuri mostri senza anima della storia del cinema. Egli ha lo sguardo vuoto e inespressivo dei volti ritratti nei quadri espressionisti, specchio di degrado morale e di alienazione.
Rimane potente alla fine del film la consapevolezza che la mente dell’individuo contemporaneo è fragile e facilmente manovrabile. Ora, nella modernità, i rischi derivanti dalla massificazione e dalla conseguente narcolessia delle coscienze sono purtroppo noti, ma nello specifico caso, Franz con il suo delirio e la sua paranoia sembra non aver fatto altro che percepire una sottile minaccia che si annidava, probabilmente, nella sua terra: la Germania, all'alba degli anni '20.
Si veda a quest proposito l'illuminante saggio Da Caligari a Hitler. Una storia psicologica del cinema tedesco di Siegfried Kracauer, del 1947.
A questo link tutto il film:
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