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venerdì 15 dicembre 2017

Il mostro è alla finestra.


Nosferatu il vampiro (Nosferatu, eine Symphonie des Grauens), regia di Friedrich Wilhelm Murnau, 1922.

Siamo nel 1838, nell’immaginaria città baltica di Wisborg, in Germania. L’agente immobiliare Knock invia il giovane Hutter in Transilvania per concludere un affare col conte Orlok per l’acquisto di una casa nella stessa Wisborg. Il viaggio fino al castello sui monti Carpazi è segnato da strani e sinistri presagi. Il padrone di casa, il conte Orlok, si rivela non meno strano e misterioso. Il contratto si conclude e Hutter realizza che l'ambiguo conte altri non è che il famigerato Nosferatu, il vampiro di cui ha sentito parlare durante il suo viaggio. Chiuso nella sua stanza, egli lo vede partire su di un carro carico di bare, riempite di terra (senza la sua terra il vampiro perderebbe ogni potere).
Queste sono imbarcate sul Demeter, una nave volta a salpare per Wisborg. La terra delle bare è contaminata e sul veliero scoppia la peste che stermina l’equipaggio. Il giovane Hutter torna in Germania via terra, e al suo arrivo in città già dilaga l’epidemia. Dalla sua finestra, il conte spia la bella Ellen, moglie di Hutter, la quale, avendo letto nel Libro dei Vampiri che solo il sacrificio di una ragazza dal cuore puro può far terminare il flagello, permette a Nosferatu di entrare nella sua camera. Questi, impegnato a succhiarle il sangue, non si avvede che il sole sta sorgendo e muore incenerito.
Questa è la trama di Nosferatu il vampiro (Nosferatu, eine Symphonie des Grauens), film muto del 1922 diretto da Friedrich Wilhelm Murnau. La pellicola è liberamente ispirata al romanzo Dracula di Bram Stoker, che fu ampiamente rimaneggiato da Henrik Galeen (fatto che non evitò una causa per plagio e la condanna a distruggere le copie del film. Fortunatamente Murnau ne conservò clandestinamente una copia, permettendo alla pellicola di sopravvivere fino ai nostri giorni).
Con questo film si apre l'era cinematografica dei vampiri (“Nosferatu”, in lingua romena, designa una persona non morta, der Untote, in tedesco). Capolavoro dell’espressionismo tedesco, caposaldo del genere horror, questo film di Murnau, attraverso il sapiente uso delle luci e delle ombre, dà vita a un’atmosfera di profonda angoscia, un senso di incombente pericolo. Le inquadrature lunghe e distese, il ritmo lento della narrazione, creano il clima raccapricciante di un incubo.
Rispetto al Caligari di Wiene, qui la messinscena segue criteri alquanto diversi. L’espressionismo precedente a Nosferatu prediligeva gli ambienti chiusi, dei quali operava delle distorsioni pittoriche e architettoniche, come estrinsecazione delle paure e del mondo interiore dell’individuo. Murnau preferisce invece gli esterni, operando delle efficaci deformazioni degli ambienti naturali (si pensi al viaggio di Hutter in carrozza verso il castello di Orlok, in cui la spettrale foresta è filmata in negativo, con alberi bianchi su fondo nero). La natura appare come una presenza malefica, regolata da forze malvage e oscure. Ma per fare questo non ricorre tanto ad interventi scenografici e a manipolazioni spaziali, ma a mezzi più propriamente cinematografici (angolazioni, montaggio, effetti speciali, immagini in negativo, ecc.).



Il film, complesso ed elaborato, è ricco di simboli e metafore ed è stato storicamente oggetto di letture molto diverse tra loro, che spaziano da quella psicoanalitica, a quella sociologica, a quella metafisico-esistenziale, a quella romantico-letteraria, fino a quella semiologica.
La chiave di lettura psicoanalitica interpreta i personaggi principali della storia come gli elementi psichici teorizzati da Freud: Nosferatu rappresenta il doppio di Hutter, la libera e cieca espressione delle sue pulsioni ed istinti, l’Es, il desiderio puro, immediato. Hutter rappresenta invece il Super-Io, l’istanza atta a “reprimere” l’ambito pulsionale dell’Es. E’ rappresentato come un giovane tranquillo, ordinario e insignificante nei suoi caratteri piccolo-borghesi. L’attrazione della donna sembra contesa tra il marito ed il suo “lato animalesco”, puramente pulsionale. In diverse sequenze ella infatti mostra un atteggiamento vago, al limite tra la repulsione e l’attrazione per il mostro: purezza e autodistruzione, Eros e Thanatos inevitabilmente uniti. In questa interpretazione, il viaggio del giovane e immaturo Hutter nei Carpazi non è altro che un viaggio nel suo lato oscuro, nell’inconscio ribollente di pulsioni.
Murnau ci accompagna da un ambiente caldo e confortevole, familiare, ad un castello arroccato, freddo ed ostile, dal nostro io più noto al nostro inconscio, dove albergano i desideri e le paure più segreti. Alla fine la casa da cui si è partiti, il luogo familiare e ordinato, diventerà forse il luogo più pericoloso dove tornare una volta che le pulsioni sono riuscite a liberarsi. La minaccia del caos insidia l'ordine che pareva così stabile e naturale: ordine psichico e ordine sociale.
L’interpretazione sociologica si basa soprattutto sull’analisi di Kracauer che, nel suo saggio Da Caligari a Hitler, individua nelle figure dei “tiranni” in grado di manipolare le volontà (come, appunto, lo stesso Dottor Caligari), immortalate nei film dell’espressionismo tedesco degli anni venti, la prefigurazione dell’ascesa del Nazismo.

A questo link la sequenza in cui il conte dalla finestra della sua dimora guarda nella camera di Ellen. Dall'altra parte, la donna, anch'essa nei pressi di una finestra, porta avanti la sua battaglia personale tra orrore e cedimento, che sublimerà nel valore del sacrificio di sé per il bene del marito e dell'intera comunità. Si osservi come tutta la dinamica di questa scena si svolge nell'atto del guardare attraverso le due finestre. Esse rappresentano il luogo in cui si esplica il desiderio e la seduzione del conte e la donna, per far capire al vampiro di volersi concedere a lui, apre la sua finestra in segno di invito.








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