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mercoledì 13 febbraio 2019

Ritratti di migranti e di lavoratori. La fotografia umanistica di Lewis Hine

Lewis W. Hine, Child Coal Mine Workers, 1911

Nella fotografia di tipo antropologico e sociologico in genere, il corpo del singolo individuo ritratto assume i connotati della sineddoche (la parte per il tutto). Così una donna affetta da isteria rappresenta la sua malattia, il ritratto del colpevole di qualche reato diviene l’immagine di quel particolare crimine, la fotografia di un uomo ebreo assume su di sé la rappresentazione della “razza ebraica” (usando l’aberrante espressione di quei tempi).
Per la sua capacità oggettiva di riprendere il reale, ma anche di connotarlo in senso generale e tassonomico, la fotografia, fin dalla seconda metà dell’Ottocento, viene anche impiegata come documento di denuncia sociale. A partire dal 1868 Thomas Annan documenta i quartieri più poveri di Glasgow e nel 1877 John Thompson pubblica alcuni scatti che documentano la vita delle classi lavoratrici londinesi. Nel 1907, su richiesta del governo Giolitti, il demografo Francesco Coletti intraprende un’inchiesta sulle condizioni dei contadini e dei minatori, facendo uso della fotografia come strumento di ricognizione visiva.
La fotografia sociale si diffonde rapidamente anche negli Stati Uniti i quali, a cavallo dei due secoli, si ritrovano a fronteggiare nuovi problemi interni, in primo luogo l’immigrazione di massa dall’Europa meridionale e orientale, e poi il lavoro minorile in condizioni precarie, la povertà di alcuni stati in prevalenza agricoli, il degrado delle periferie urbane, fenomeni che favoriscono l'emergere di una serie di movimenti di riformisti che richiedono un maggiore intervento politico in campo economico e sociale. Tra i primi a cercare di documentare visivamente le condizioni delle classi operaie e contadine troviamo Jacob Riis e Lewis Wicker Hine.

Ad Ellis Island

Risulta difficile poter racchiudere la grandezza e la vastità dell’opera di Hine in un post. Egli è uno studioso, un sociologo, uno dei primi a impiegare la fotografia come mezzo a sostegno delle proprie teorie, ma anche come strumento di cambiamento sociale. Il suo impegno più ricordato è quello di denuncia del lavoro minorile; le sue immagini scioccanti - dai cotonifici della Carolina del sud alle miniere di carbone in Pennsylvania – contribuiscono a emanare nuove leggi in materia. Hine, inoltre, è anche famoso per i suoi ritratti degli immigrati che transitano ad Ellis Island e per la sua opera che documenta i lavoratori edili nella costruzione dell'Empire State Building.


Nel 1904, lavorando presso la Ethical Culture School di New York City, ha l’incarico di documentare gli immigrati che arrivano a Ellis Island. Il suo intento è quello di dare loro una rappresentazione dignitosa, di far sì che gli americani guardino ai nuovi arrivati con lo stesso riguardo dovuto ai primi pellegrini sbarcati a Plymouth Rock. Nonostante il suo ruolo sia, inevitabilmente, quello dello studioso, le sue foto riescono tuttavia a comunicare una profonda empatia. Gli stranieri appena sbarcati a New York non sono caratterizzati da elementi che ne sottolineano l’alterità, ma l’umanità, quella condizione di speranza mista a timore che è propria dell’immigrato che arriva in un paese straniero pensando a un futuro migliore.


Lewis Hine, Young Russian Jewess, Ellis Island, New York, 1905.

Lewis Wickes Hine, Woman with Folded Headdress, Ellis Island, NY, 1905


L’attenzione di Hine (a differenza per esempio di un altro fotografo di Ellis Island, Augustus Frederick Sherman, impiegato presso l’Ufficio Immigrazione) non si ferma alle differenze nell’aspetto, determinate dall’abbigliamento, dagli accessori e da quegli elementi esotici che denotano la nazionalità e la diversa provenienza dei nuovi arrivati. Gli immigrati ritratti da Hine non sono ingabbiati nello stereotipo dello straniero, ma suscitano un sentimento di compassione e di rispetto. L’umanità e il pathos di queste immagini cercano di restituire l’integrità e la dignità delle persone, sublimando le differenze etniche e predisponendo lo spettatore a uno sguardo diverso rispetto a quello suscitato dal ritratto etnografico. Se quest’ultimo fa delle differenze una sorta di barriera tra mondi diversi, il ritratto di denuncia sociale mira piuttosto a rompere quella barriera e a suscitare uno sguardo empatico, fondato sulla comune umanità.





Nelle miniere e nelle fabbriche di cotone degli stati del Sud

Hine si rende conto di quanto grande sia la forza della fotografia in tutto ciò, di quanto sia in grado, molto più della parola, di portare lo sguardo dell’opinione pubblica vicino al problema, di “farlo vedere con i suoi occhi”, destandone la partecipazione emotiva.
Questa convinzione lo spinge a collaborare come fotografo per il National Child Labour Committee (NCLC), viaggiando per tutto il paese dal 1908 al 1911 e testimoniando lo sfruttamento del lavoro minorile nelle fabbriche, nelle miniere, nelle campagne e nelle strade delle metropoli statunitensi. Dopo la Guerra Civile, infatti, il boom industriale aveva determinato una crescente richiesta di mano d’opera: molti bambini erano stati obbligati dalle famiglie a lavorare, con il consenso interessato dei datori di lavoro, che li impiegavano, sottopagati, in attività dove non erano richieste particolari capacità, sottraendo loro l’infanzia e la possibilità di ricevere un’istruzione.



Pennsylvania coal breakers, (Breaker boys), 1912

Il lavoro di Hine non è agevole; spesso deve entrare nelle fabbriche di nascosto o spacciandosi per venditore di Bibbie o ispettore di macchine, perché malvisto dai datori di lavoro e dai sorveglianti. Tuttavia cerca sempre di fare domande ai bambini, chiedendo loro in particolare il nome e l’età, per non lasciare i volti anonimi, per dare ad ogni ritratto una didascalia che racconti una storia. Hine sostiene: “I have always been more interested in persons […] than in people,” evidenziando la sua attenzione al singolo individuo. Proprio l'accuratezza delle didascalie che accompagnano la pubblicazione delle immagini e l'empatia dello sguardo che inquadra la rappresentazione impediscono ai personaggi ritratti di rivestire il semplice ruolo di sineddoche, di rappresentanza prototipale di un problema sociale.


I suoi ritratti cercano la persona, dunque, ma non dimenticano il contesto ambientale, fondamentale nelle fotografie di denuncia sociale. Le sue immagini di bambine isolate, che sembrano risucchiate dalle lunghe file di macchine tessili tra le quali la loro figura è schiacciata senza via di scampo, permettono allo spettatore di identificare i soggetti quali vittime dello sfruttamento del lavoro.
A livello estetico, le immagini scattate nelle fabbriche del tessile sono molto semplici. L’inquadratura frontale e la profondità di campo accentuano la simmetricità prospettica delle macchine, precipitando i nostri occhi su un unico punto di fuga centrale: il corpo solitario e minuscolo della bambina che ci guarda dritto negli occhi. La focale breve accentua la piccolezza della figura e la sua fragilità. L’immagine non si regge sul pathos; la bambina non ci commuove con la sua dolcezza e il suo candore, non sollecita la nostra commozione. Il suo sguardo sembra piuttosto interrogarci e chiederci risposte. E noi non possiamo non sentire la sproporzione e l’incongruenza della presenza di corpi così piccoli e giovani nella freddezza di quei luoghi di acciaio e cotone.

A little spinner in the Mollahan Mills, Newberry, S.C., 1908

Daniel Mfg. Co., Lincolnton N.C. Girl beginning to spin. Many of these there. Location: Lincolnton, North Carolina, 1908

Little spinner in Globe Cotton Mill, Augusta, Ga. Overseer said she was regularly employed. Location: Augusta, Georgia, 1909.

Another of the many small children working in Mollahan Mills, Newberry, S.C. Dec. 3/08 Witness Sara R. Hine. Location: Newberry, South Carolina, 1908

Spinner in Lancaster Cotton Mills, S.C.  Lancaster, South Carolina, 1908

Rhodes Mfg. Co., Lincolnton, N.C. Spinner. A moments glimpse of the outer world Said she was 10 years old. Been working over a year. Location: Lincolnton, North Carolina. 1908.


(Consulta l'archivio fotografico del Library of Congress: https://www.loc.gov/pictures/related/?va=exact&sp=1&q=Textile+mill+workers.&fi=subject&sg=true&op=EQUAL)


Rispetto al ritratto antropologico che aveva preso piede nell’Europa della seconda metà dell’Ottocento, che cercava le cause della povertà e del degrado nella fisiologia dei corpi, cioè in un’innata incapacità dei soggetti, catalogabili in un particolare tipo antropologico, la fotografia di denuncia sociale di inizio secolo, di cui Hine è uno dei grandi protagonisti, cerca di stimolare una presa di coscienza comune sulla responsabilità collettiva dei mali sociali, sull’ingiustizia di cui i soggetti ripresi sono vittime.
Anche grazie all’opera di Hine, si arriverà nel 1916 alla National Child Labour Law, che obbligherà al rispetto di certi limiti di età e imporrà soglie massime di ore lavorative.


L'uomo e la macchina

"Power house mechanic working on steam pump" (1920)

Negli anni ’20 Hine documenta il lavoro nelle industrie e proprio nel 1920 scatta questa fotografia, in cui vediamo un operaio con una grande chiave inglese al lavoro su una macchina a vapore. Il corpo, contenuto all’interno del cerchio di metallo, è arcuato e i muscoli sono tesi nello sforzo. L’uomo è al centro, la macchina occupa l’intera cornice che lo racchiude, risultando ancora più imponente a causa dell’inquadratura ravvicinata. Allo stesso tempo, l’unione di uomo e macchina, in cui il primo cerca di asservire qualcosa che gli resiste, in un corpo a corpo in cui la forza dei muscoli si contrappone a quella della materia, ha un qualcosa di sensuale e nello stesso tempo di mitico, che fa del giovane operaio l’eroe moderno dell’era dell’acciaio, l’era che anticipa quella dell’organizzazione fordista di fabbrica, ben rappresentata dal bellissimo Tempi moderni di Charlie Chaplin, in cui l’eroe finirà per essere letteralmente inghiottito dagli ingranaggi e completamente asservito e annientato dai ritmi disumani e alienanti della catena di montaggio.

Fotogramma tratto dal film Tempi moderni (1936) di Charlie Chaplin.

L’interesse di Hine si focalizza sulla relazione tra uomo e macchina. La sua impostazione umanistica gli fa nutrire non poche preoccupazioni sulle conseguenze di questo metodo di lavoro meccanizzato. Se lo sviluppo dell'industrializzazione è una conquista del progresso umano, i suoi effetti tuttavia comportano nuovi interrogativi a proposito del ruolo riservato all’uomo e al futuro dell’intera umanità.
E questo messaggio Hine cerca di renderlo tramite la sola forza dell’immagine, con un’estetica che conferisce un certo equilibrio di potere al rapporto uomo macchina, ma che lascia tuttavia trapelare un senso di inquietudine e di sottile minaccia per quel corpo che si curva assecondando la forma dell’enorme macchinario, mostro moderno di acciaio, che lo sovrasta e che potrebbe un giorno asservirlo a sé.

Negli anni ’30 Hine documenta la costruzione dell'Empire State Building, realizzando scatti vertiginosi di lavoratori sospesi in condizioni precarie, senza alcuna misura di sicurezza. Il fotografo, ormai cinquantaseienne, si bilancia tra le travi e i ponteggi a centinaia di metri da terra, per catturare questi operai mostrati come gli eroi del suo tempo, sospesi tra cielo e terra. Molte di queste immagini saranno pubblicate nel 1932, nel libro Men at Work, che riceverà grande consenso di pubblico e di critica.




Icarus, Empire State Building, 1930.



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