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venerdì 8 febbraio 2019

Corpi in movimento

Muybridge

L’Ottocento borghese trova espressione nell’ideologia positivista, il cui credo consiste nella convinzione che i fatti osservabili e quantificabili avrebbero prima o poi portato a una conoscenza globale della natura e della società, al fine di controllarle entrambe. A questo scopo, la scienza scopriva un valido alleato nella fotografia, grazie alla capacità di quest’ultima di riprodurre fedelmente la realtà e di permettere di osservarla e di quantificarla meglio di quanto potesse fare l’occhio umano, e di pervenire così alla verità di dati oggettivi. La fotografia, intesa come documento inconfutabile, sembrava incarnare i principi dell’episteme positivista; con la sua vocazione realistica, avrebbe offerto un fondamentale sostegno all’impegno empirico della scienza, nell’obiettivo di portare luce su tutti i fenomeni osservabili.

L’invenzione della fotografia determina sicuramente un’irreversibile trasformazione dei modi di vedere il mondo, e in particolare il corpo umano, rendendo possibili modalità di visione in precedenza inimmagginabili. Nell’ambito dello spirito positivista, il nuovo mezzo fotografico stimola lo studio del corpo in modo scientifico, al fine di conoscerne aspetti non osservabili a occhio nudo, come ad esempio il movimento. A questo sono finalizzate sia le fotografie in sequenza dell’inglese Eadweard Muybridge che la cronofotografia di Étienne Marey.


Per studiare e analizzare il movimento, Muybridge mette a punto una innovativa tecnica di ripresa (una batteria di macchine fotografiche in successione attivate elettricamente dal movimento stesso del soggetto ripreso). Tramite questo sistema realizza, nel 1877, il celebre esperimento con il cavallo Occident, la cui corsa su pista viene ripresa da dodici apparecchi il cui otturatore viene azionato dal filo che il cavallo spezza durante la sua corsa (la tecnica che verrà poi usata per il foto-finish). Il tempo di esposizione impiegato è di 1/1000 di secondo, usando lastre alla gelatina. Muybridge riesce ad ottenere una serie d’immagini che mostrano le varie fasi del movimento del cavallo al galoppo nelle quali si vede che, nel momento in cui le quattro zampe sono sollevate da terra, esse non sono rivolte all’esterno (come era stato rappresentato in pittura) bensì ripiegate all'interno.


Tutto ciò era reso possibile dalle recenti innovazioni tecniche in campo fotografico, che avevano ridotto drasticamente i tempi di esposizione e messo a disposizione superfici molto più sensibili, e che rendevano possibile cogliere dettagli di un corpo in movimento che l'occhio umano non poteva percepire. Una serie di scatti dello stesso soggetto in moto, presi a breve distanza l’uno dall’altro, dava l’impressione del movimento, soprattutto se le immagini venivano presentate in rapida successione (come all’interno di uno strumento messo a punto per l’occasione, lo zoopraxiscopio).
L’Università di Filadelfia offrì a Muybridge un contratto per il prosieguo delle sue ricerche. Tra il 1884 ed il 1885 scatta 30.000 negativi con 3 apparecchiature, azionate da “timer”, che riprendono i soggetti da differenti angolature (frontale, posteriore e laterale). Nasce Animal Locomotion, una raccolta di 20.000 fotografie in undici volumi. Le fotografie sono organizzate in 781 tavole organizzate in serie lineari, ognuna delle quali mostra l'immagine dello stesso soggetto raffigurato in diverse fasi dello stesso movimento, così da fornire un’immediata indicazione della successione temporale e delle posizioni relative dei corpi nello spazio. Più di cinquecento di queste tavole sono dedicate a soggetti umani, un centinaio, invece, mostrano cavalli ripresi a diverse andature. Centoventi tavole, infine hanno per tema vari tipi di animali come elefanti, cani, maiali, tori, leoni, gatti o pappagalli. Molti dei suoi soggetti, uomini e donne, sono completamente nudi e impegnati in ogni tipo di attività come camminare, correre, salire scale, eseguire un movimento ginnico e saltare; ci sono anche contorsionisti, e persone di straordinaria obesità.


In queste immagini, dove i soggetti sono ripresi su uno sfondo a griglia, Muybridge cerca di scomporre la sequenza dei movimenti e di determinare quali sono i muscoli messi in azione dal corpo nelle diverse attività. Come aveva fatto con il cavallo, egli cerca di evidenziare il funzionamento del corpo umano e, d’altra parte, il titolo della pubblicazione, “Animal Locomotion”, lascia intendere come l’impostazione di base mettesse sullo stesso livello i corpi di uomini e animali. Entrambi i gruppi, infatti, sono trattati con una freddezza e una precisione scientifica, anche se nelle fotografie di Muybridge è anche forte un certo compiacimento estetico per il corpo classico, in particolare quello maschile, del quale vengono esaltate la statuarietà e la virilità. Il soggetto anche nelle pose frontali non fissa mai l’obbiettivo, quasi a voler escludere totalmente qualsiasi coinvolgimento da parte del modello e a sottolineare il valore oggettivo dell’immagine. Anche la nudità dei soggetti ripresi sembra lontana da ogni implicazione erotica, enfatizzando piuttosto il carattere freddo e distaccato di un’osservazione che riduce il corpo a oggetto, a pura anatomia. A ben osservare le azioni compiute dai soggetti osservati, tuttavia, ci si può rendere conto come anche in queste immagini apparentemente neutre entrino in scena gli stereotipi figurativi legati al genere. I corpi di entrambi i sessi e di tutte le età vengono spesso ripresi senza vestiti, è vero, ma, mentre gli uomini svolgono esercizi atletici come la lotta, la corsa, la scherma o il sollevamento di pesi, le donne sono intente a portare un secchio d’acqua o a spazzare il pavimento o sono colte in situazioni di innegabile appeal voyeuristico. Risulta pertanto evidente l’influenza dei preconcetti sociali che configurano le pertinenze di entrambi i sessi.


Contemporanee agli studi di Muybridge sono le ricerche del francese Etienne-Jules Marey, che mette a punto una tecnica che permette di registrare su un’unica lastra le diverse sequenze motorie senza imperfezioni. Lo strumento messo a punto da Marey viene chiamato cronofotografo, mentre la cronofotografia designa la singola immagine fotografica formata dalle varie pose del soggetto in movimento. Questo sistema, basato sul metodo dell’esposizione multipla, suddivide il movimento in una serie di fasi distribuite sulla medesima lastra. Tale approccio ha il grande vantaggio di preservare l’originale unità spazio-temporale e il punto di vista unico dell’osservatore. Un’ulteriore e determinante innovazione consiste nel rivestire di nero il corpo del modello, rendendolo quindi pressoché invisibile in fotografia, e nell’applicare su busto, arti, testa, punti e linee di riferimento bianche, così da trasformarne i movimenti in una ritmica lineare astratta, perfettamente controllata e misurabile.

Étienne Marey

L’analisi del movimento di questi corpi nudi tramite la tecnica fotografica opera una rottura con i codici di rappresentazione della pittura naturalista ottocentesca e produce conseguenze rivoluzionarie sia nel campo scientifico che culturale ed artistico, poiché di queste sequenze fotografiche si servono anche i pittori, ai quali viene offerta la preziosa possibilità di riprodurre in modo esatto sia l’anatomia del corpo che la dinamica di movimenti che nessun modello vivente avrebbe potuto mantenere in modo prolungato.
Nella storia dell’immagine entra il tempo, entra il corpo immerso nella durata di un movimento. Anche se una critica fatta alle immagini di Muybridge è quella per cui, nonostante l’oggetto sia fotografato in azione, in ogni fotogramma esso appare statico, quindi privo del movimento stesso. Anton Giulio Bragaglia, infatti, cercherà di ottenere un’impressione più convincente del movimento ricorrendo alla tecnica della fotodinamica, basata sul prolungamento del tempo di esposizione. Il suo scopo sarà quello di rendere la continuità del gesto nello spazio, superando la frammentazione degli esperimenti precedenti; si tratterà quindi di trovare la sintesi del movimento e non la sua analisi, come invece risulta dalle lastre di Muybridge o Marey.

Anton Giulio Bragaglia

Il tratto comune a tutte queste soluzioni, malgrado le loro differenze, è il fatto che queste immagini fotografiche non offrono solo una resa più ‘fedele’ del visibile, ma fanno apparire formazioni strutturali della materia completamente nuove, fino a quel momento invisibili e inimmaginabili. Il corpo umano in movimento non era mai stato visto così, perché la fotografia, bloccando il tempo, fissando l’immagine, scomponendo l’azione, riconfigura radicalmente lo spazio visibile, consentendo di rendere percettibili intere regioni di fenomeni sino a quel momento invisibili, e producendo un nuovo tipo di visione rispetto al passato, non più immediata bensì disposta lungo l’asse della durata temporale.


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