Gislebertus, Eva, architrave del distrutto portale settentrionale della chiesa di Saint-Lazare ad Autun - 1130 circa. |
L'arte romanica segna il ritorno della rappresentazione della figura umana, che era quasi scomparsa nel periodo dell'Alto Medioevo, a parte qualche esempio durante l'età giustinianea e quella carolingia.
La scultura romanica è indifferente alla rappresentazione della realtà. Contrariamente a quella antica non è un’arte naturalistica. Essa è, bensì, caratterizzata dall’essere prevalentemente simbolica, e vincolata a quella che H. Focillon ha definito la “loi du cadre”, la legge della subordinazione alla cornice.
Di cosa si tratta?
Innanzitutto occorre precisare che la scultura romanica è indissolubilmente legata (e sottomessa) all’architettura. Le decorazioni scultoree non sono collocate in modo arbitrario, ma occupano precise cornici architettoniche, generalmente i punti sensibili dell’edificio, come i timpani dei portali, i capitelli e gli architravi. E’ l’architettura che impone alla scultura gli spazi da occupare, e la scultura li occupa in modo completo, mostrando quell’horror vacui che possiamo notare sui capitelli delle colonne e sui timpani di portali di chiese e cattedrali, dove figure di ogni genere si accalcano, seppure in base a un ordine rigoroso, prima di tutto gerarchico. Focillon notò che alcune figure scolpite adattavano il proprio corpo alla forma dello spazio disponibile, fosse questo circolare o rettangolare. La figura romanica - l'uomo, l'animale, il mostro – si piega alle esigenze dell’architettura e modifica di conseguenza le proprie proporzioni e il proprio equilibrio.