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sabato 22 settembre 2018

Personaggi del mito e della storia - Leda e il cigno



Il cigno è un animale simbolico per eccellenza, dotato di sacralità in molte antiche religioni. Nelle culture mediterranee come in quelle nordiche è simbolo di saggezza, purezza, potenza e coraggio.
Uno dei più antichi miti che lo riguarda, narrato anche nelle Metamorfosi di Ovidio, è quello di Leda, moglie di Tindaro, re di Sparta. La leggenda racconta che Zeus, innamoratosi della donna, si trasformò in un cigno e si accoppiò con lei, che dormiva presso le acque del fiume Eurota, nella Laconia e che, in seguito a questa unione, generò due uova (si ricordi che l’uovo è presente nella maggior parte dei miti cosmogonici): dall’uno, proveniente dal suo connubio con Zeus, sarebbero usciti i Dioscuri (“figli del dio”), Castore e Polluce, mentre dall’altro, frutto dell’unione di Leda con il marito, sarebbero nate Elena e Clitennestra, anche se la tradizione mitica non è concorde su quale fosse la progenie divina; secondo alcune versioni i figli immortali di Zeus non sarebbero i Dioscuri, ma Polluce ed Elena, mentre gli altri due sarebbero i mortali figli di Tindaro.

Leda, che letteralmente vuol dire “la genitrice”, è dunque madre di dei e di uomini. I suoi figli appartengono al cielo (attraverso l’unione con Zeus) e alla terra (attraverso quella con Tindaro). La sua unione con Zeus è sacra e pertanto le più antiche raffigurazioni del mito fanno parte della dimensione religiosa (sia il cigno che l’uovo rimandano infatti alle cosmogonie orfiche e ai culti dell’aldilà praticati fuori dal mondo greco, presso Paleoveneti ed Egizi). A partire però dalla tarda età ellenistica acquista sempre maggiore interesse l’aspetto erotico e sensuale della storia. In sculture di qualche secolo prima di Cristo, Leda è raffigurata seduta mentre con il mantello protegge il cigno da un’aquila minacciosa (Leda di Timotheos), ma esistono altri lavori altrettanto antichi che raffigurano Leda stesa (recubans) sotto il cigno che le avvicina il becco alle labbra per baciarla, oppure mentre un cigno maestoso l’abbraccia o l’avvinghia in un gesto umano.

Leda con il cigno, opera marmorea di età adrianea, possibile copia da un originale di Timoteo. Roma, Musei Capitolini - Public Domain via Wikipedia Commons.


Questo bassorilievo presenta un’iconografia del mito comune sia all’arte greca che romana. Pare che Yeats si sia ispirato ad essa nel comporre la sua celebre poesia Leda and the swan:

Leda e il cigno, Siviglia, Casa di Pilato - Flickr


Questo  gruppo scultoreo conservato nel Museo Archeologico di Venezia è una replica romana del II secolo d.C. da un modello di I secolo a.C.

Leda e il cigno, copia romana del II secolo d.C. da un modello attico del I secolo a.C., Museo Arceologico di Venezia - Public domain via Wikipedia Commons.


L’iconografia della Leda in piedi con il cigno accanto ebbe fortuna soprattutto in epoca rinascimentale:

Leda e il cigno, dipinto rinvenuto a Pompei, I sec., Museo archeologico di Napoli - Flickr


Durante il tardo Medioevo si afferma il paragone di Leda, che concepisce i suoi figli immortali con Zeus tramutato in cigno, con Maria, che viene fecondata dallo Spirito Santo sotto forma di colomba. L’immagine del candido cigno che scende su Maria era ad esempio molto amata dai cristiani Copti d’Egitto, i quali amavano inciderla sui loro anelli.

Ma il cigno poteva anche significare lussuria e, con questa doppia valenza, il cigno e Leda furono traghettati nel Rinascimento. In questo periodo la rappresentazione del mito conosce una grandissima fortuna, articolandosi generalmente in due tipologie iconografiche: quella più “familiare”, in cui compaiono le due coppie di gemelli usciti dalle uova schiuse (esempio ne sono le opere di Leonardo da Vinci, che noi conosciamo solo tramite alcuni suoi disegni preparatori e grazie alle numerose copie e varianti eseguite dai suoi discepoli), e quella più “erotica” che si sofferma esclusivamente sull’amplesso tra Leda e Giove/cigno.

E’ singolare notare come numerosi dipinti riguardanti questo soggetto siano andati persi o distrutti e ne sopravvivano solo delle copie.  Questo destino, infatti, riguarderà non solo le opere leonardesche, ma anche un celebre dipinto di Michelangelo e uno di Gustav Klimt del 1917, quest’ultimo andato distrutto nell’incendio del castello di Immensdorf nel 1945.

In Leonardo la Leda è il simbolo delle forze generative della natura. Egli la immagina in un primo momento nella posizione inginocchiata, circondata da una rigogliosa vegetazione e senza il cigno. Possiamo farcene un’idea in base alla copia pervenutaci realizzata dal Giampietrino.

Giovanni Pietro Rizzoli detto Il Giampietrino, Leda inginocchiata, 1515 ca. - Public Domain via Wikipedia Commons.


In un secondo tempo, forse nel suo soggiorno milanese, Leonardo svilupperà la versione della Leda “stante”. Questa copia, conservata alla Galleria Borghese, mostra una Leda in piedi, mentre contempla amorevolmente i suoi figli, con il tipico sorriso misterioso e sacrale delle opere leonardesche. Le posizioni della donna, dell’animale e dei figli, fuoriusciti dal guscio delle uova, disegnano dei simboli di cui non conosciamo il codice.

Leda e il cigno, copia di un dipinto di Leonardo da Vinci, forse eseguita da Cesare da Sesto, 1505 ca., Galleria Borghese, Roma - (credits lacooltura.com)


Leda and the Swan copy by Giovanni Francesco Melzi after the lost painting by Leonardo- Public Domain via Wikipedia Commons.


Alla stessa tipologia iconografica appartiene un’opera del Pontormo, conservata agli Uffizi:

Jacopo Pontormo, Leda e il cigno, 1512-13, Galleria Uffizi.


Anche questa versione del fiorentino Francesco Ubertini detto il Bacchiacca si sofferma sul momento successivo all’unione tra Leda e il cigno, in quanto anche qui compaiono le due coppie di gemelli, appena fuoriuscite dalle uova schiuse. Il dato stravagante è la presenza di un quinto bambino ancora racchiuso nella metà di un guscio.

Bacchiacca, Leda, il cigno e i suoi figli, 1540-1545 circa, New York, Metropolitan Museum - Public Domain via Wikipedia Commons.


Ma sarà la seconda versione iconografica del mito, quella che rappresenta l’unione tra Leda e il dio nelle spoglie di cigno, quella che avrà più successo, diffondendosi ampiamente già alla fine del Quattrocento e godendo di abbondanti testimonianze soprattutto nelle stampe, prima di raggiungere una dignità pittorica di assoluto rilievo verso il 1530 con le opere di Michelangelo e di Correggio e poi godere di una buona fortuna fino ai nostri giorni.

Attribuito a Rosso Fiorentino (da Michelangelo), Leda e il cigno, 1538 ca., National Gallery di Londra - Public Domain via Wikipedia Commons.
Attribuito a Rosso Fiorentino (da Michelangelo), Leda e il cigno, 1538 ca., National Gallery di Londra – Public Domain via Wikipedia Commons.
Della Leda realizzata da Michelangelo per il duca di Ferrara non conosciamo l’originale, perduto, ma possediamo numerose repliche, tra le quali quelle di Rosso Fiorentino (1538 circa) e di P.P. Rubens (1603-1604 circa, conservata a Dresda) e svariate testimonianze scritte. Il pittore aveva eseguito l’opera per Alfonso I d’Este, ma quando l’emissario ducale si presenta dal Buonarroti per ritirare l’opera, ne esprime un giudizio abbastanza critico. Sdegnato, Michelangelo rifiuta di consegnare il quadro e lo regala ad Antonio Mini che lo vende di lì a poco al re di Francia Francesco I. Questo dipinto diviene subito celeberrimo. Numerose repliche ne sono presto tratte: dalla copia della National Gallery di Londra, attribuita a Rosso Fiorentino, all’incisione di Cornelis Bos, forse la più fedele riproduzione dell’originale michelangiolesco, in cui sono visibili anche i gemelli Castore e Polluce e un uovo che contiene un feto. Michelangelo sembra più attratto dall’aspetto della carnalità dell’atto che si consuma tra Leda e il cigno e lo trasmette attraverso forme voluttuose in preda a una dirompente energia.

Cornelis Bos da Michelangelo, Leda e il cigno, post 1537 -  Public Domain via Wikipedia Commons.


Quella pronunciata sensualità che entusiasmò i contemporanei divenne causa stessa della rovina della Leda, che fu bruciata fra il 1642 e il 1643 per ordine, secondo alcune testimonianze pervenute, della regina madre Anna d’Austria. Colta da Michelangelo «in un atto di amore appassionato così vivido e lascivo», la Leda fu infatti giudicata «indecente» e meritevole di finire al rogo per «ragioni morali».

Anche la tela del Correggio subì, per gli stessi motivi, burrascose vicissitudini. Essa faceva parte della serie degli Amori di Giove che Federico Gonzaga di Mantova aveva commissionato al Correggio nei primi anni trenta del Cinquecento. Dopo vari passaggi di mano da una corte all’altra, ai primi del Settecento l’opera si trovava in Francia. Allora il figlio del duca di Orleans, trovando il dipinto troppo licenzioso e lascivo, vi si scagliò contro con un coltello e rovinò irrimediabilmente il volto della figura di Leda. L’opera fu quindi restaurata più volte, ma mitigando in senso più casto e pudico l’originale espressione del viso della donna, giudicata troppo voluttuosa e sensuale.

Antonio Allegri detto il Correggio, Leda, 1530-1531 circa, Gemäldegalerie di Berlino - Public Domain via Wikipedia Commons.


Il mito ha stimolato la fantasia erotica di molti pittori e scultori del Seicento e del Settecento, con rappresentazioni talvolta decisamente audaci (basti pensare a quella di François Boucher). D’altra parte a quei tempi sarebbe stato assolutamente impossibile raffigurare l’atto sessuale tra un uomo e una donna, mentre era possibile alludere ad esso attraverso i riferimenti alla letteratura e al mito, del quale solo alcune persone conoscevano il senso.

Jean-Baptiste Marie Pierre, Leda e il cigno, seconda metà del XVIII sec., Museu Nacional de Belas Artes, Rio de Janeiro - Public Domain via Wikipedia Commons.


Ma il mito di Leda e il Cigno ha affascinato e ispirato artisti di tutte le epoche. Nella seconda metà dell’Ottocento il pittore parigino Gustave Moreau, precursore del Simbolismo, diede anch’esso la sua interpretazione (con molteplici opere dedicate a questo soggetto) del tutto originale. La sua pittura visionaria pone degli interrogativi, invita ad andare oltre le apparenze del reale, a trovare dei significati nascosti. In questa cornice, il mito torna ad essere linguaggio in grado di indagare il mistero e l’essenza dell’esistenza. Le sue rappresentazioni del mito di Leda tralasciano l’atmosfera di erotismo piccante, impregnandosi invece di sacro e di mistero. Per recuperare la potenza simbolica della pittura rinascimentale, Moreau riprende i temi classici unendoli a significati esoterici. Questa rappresentazione ricorda l’iconografia dell’incoronazione della Vergine.

Gustave Moreau, Leda, 1865-1875, Musée Gustave Moreau - Public Domain via Wikipedia Commons.


Sull’opposto versante del realismo pittorico, lo stesso Cézanne, la cui produzione pittorica era molto distante dai temi della tradizione e del mito, non riuscì a resistere alla seduzione del cigno. Ma la versione che ne diede è molto lontana dalle precedenti atmosfere erotiche o esoteriche. La sua Leda, avvolta in una sensualità torbida, ha uno sguardo severo e distaccato mentre il cigno le stringe una mano nel suo grande becco.

Paul Cézanne, Leda e il cigno, 1880-82, The Barnes Foundation, Merion, Pennsylvania, USA - Public Domain via Wikipedia Commons.

In quegli anni, d’altra parte, lo stesso racconto desta l’attenzione di molti artisti: nel 1886 Camille Saint-Saëns compone Il Cigno all’interno del suo Carnevale degli Animali; lo stesso Proust all’inizio del ‘900 nella sua Recherche, nel libro intitolato La Fuggitiva, in un passaggio molto bello traccia un parallelo tra la sua Albertine e la sensualità di Leda sedotta dal cigno; d’altra parte non dimentichiamo che Dalla parte di Swann è proprio il primo libro della Ricerca del Tempo Perduto. Il tema non smette insomma di essere ricorrente oggetto di riflessioni. Nella celebre poesia di Yeats, Leda e il cigno, l’animale assume sembianze sinistre; è al contempo affascinante e spaventoso: il soprannaturale che si presenta all’uomo genera timore (ricorda molto l’angelo che si presenta a Maria). Come un eroe tragico, Leda non ha scampo. L’uomo subisce una volontà superiore che non comprende.

Alla fase della svolta mistica di Salvador Dalì, sopravvenuta in seguito all’esplosione atomica del 1945, appartiene questa Leda atomica, uno dei primi lavori che sintetizza la poetica della mistica nucleare, teorizzata nel Manifesto del 1951, che cerca di coniugare insieme la scienza e la fisica,  l’ispirazione religiosa  ed il recupero della tradizione classica e rinascimentale. Questa tela, infatti, fonde insieme la scienza con il mito con l’iconografia sacra del Rinascimento. La sua Leda è interpretata da Gala,  sua musa di sempre, mentre gli elementi presenti sulla scena galleggiano sospesi nello spazio, come fossero dei componenti atomici  tenuti insieme dalle forze che governano la materia.

Salvador Dalì, Leda atomica, 1949, Museo Dalí , Figueres - Flickr.



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