Masaccio, San Pietro risana gli infermi con la sua ombra, 1426-27, Capella Brancacci, chiesa di Santa Maria del Carmine, Firenze. |
Una delle prime rappresentazioni in cui vengono impiegate sia le ombre incorporate (cioè le ombre proprie, necessarie per rendere volumi e rilievi) che le ombre portate è un affresco di Masaccio del 1426-27, “San Pietro risana gli infermi con la sua ombra“, facente parte di un ciclo consacrato alla vita dell'apostolo e situato nella Cappella Brancacci di Firenze.
L'opera riporta un episodio descritto negli Atti degli Apostoli, secondo cui Pietro aveva il potere di guarire gli infermi semplicemente con la propria ombra. Vediamo infatti l'apostolo, in compagnia di Giovanni, mentre avanza muto e solenne in una strada dove alcuni infermi aspettano di essere guariti. Ciò cui assistiamo nella rappresentazione è proprio l'evento del miracolo: dove Pietro è già passato due uomini si sono rialzati, un terzo, appena oltrepassato dall'ombra miracolosa, sembra sul punto di sollevarsi anche lui da terra, finalmente guarito, mentre un quarto è investito proprio in quell'istante dall'ombra del santo.
Stoichita sottolinea come il Masaccio ricorra alle recenti conquiste della prospettiva per trasformare in sequenza pittorica questo racconto, conferendo a un'immagine statica e bidimensionale una capacità narrativa complessa. Nell'opera presa in considerazione nel post precedente, La fuga in Egitto di Giovanni di Paolo, i personaggi della storia sacra procedevano parallelamente al piano dell'immagine, da sinistra a destra. Nel caso dell'affresco del Masaccio, invece, i protagonisti avanzano dal fondo della scena verso il primo piano, attraversando la profondità dello spazio, creata grazie alla fuga prospettica degli edifici, utilizzata nella rappresentazione. Le stesse ombre proiettate dagli apostoli sono dovute proprio alla costruzione in prospettiva.
Diviene evidente come le ombre non certifichino soltanto la consistenza dei corpi, ma la loro collocazione nello spazio. La necessità di rappresentare nella scena i significati simbolici e religiosi, connessi all'episodio evangelico, non impedisce al Masaccio di affrontare la rappresentazione della proiezione dei corpi in modo realistico, in base alle leggi della fisica, facendo corrispondere le ombre alla provenienza della luce.
A questo proposito, occorre sottolineare un fatto. Generalmente i pittori facevano provenire la luce dalla parte sinistra della scena. In questo caso, invece, la sorgente luminosa emana da destra. Questo è dovuto a una circostanza degna di nota: la cappella Brancacci aveva solo una finestra, che faceva entrare la luce da destra rispetto all'affresco. Così Masaccio incorpora nella sua opera l'illuminazione esterna e naturale, proveniente dalla finestra, “che penetra profondamente nell'immagine, definendola come una struttura dualistica, partecipe ad un tempo di due mondi: quello della finzione e quello della realtà.” (V. Stoichita, “Breve storia dell'ombra”).
Questo ciclo di affreschi, che inaugura la nuova pittura del Rinascimento, evidenzia “una nuova estetica, fondata sul rapporto tra corpi, spazio, ombra e luce”. (cit.) Sia gli oggetti che i personaggi che compaiono nella scena, infatti, sono trattati come dei corpi veri e propri, che intralciano una luce naturale e reale, proveniente da una finestra, e che proiettano delle ombre all'interno dello spazio immaginario della rappresentazione. “Così la luce vera viene resa elemento di finzione e lo spazio della finzione si trasforma in prosecuzione dello spazio reale”. E tutto ciò è possibile perché è ormai emersa una nuova concezione dell'arte, dovuta al cambiamento del paradigma rappresentativo, in base al quale ogni immagine è vista come specchio del reale o come finestra aperta sul mondo, cioè come un prolungamento della realtà.
In questo senso, la rappresentazione delle ombre portate, nell'affresco di Masaccio, non risponde soltanto a intenti simbolici (il richiamo all'episodio sacro), ma è anche segno di fedeltà mimetica alla realtà della natura.
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