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giovedì 5 gennaio 2017

Le Bagnanti di Cézanne

Il tema dei bagnanti (sia uomini che donne) occupa una parte importante nella produzione di Cézanne. A conclusione di un lungo percorso di ricerca, cominciato più di vent’anni prima, si collocano le tre composizioni chiamate le Grandi Bagnanti, opere di grande formato cui l’artista lavorò negli ultimi anni di attività, dal 1895 al 1906, e che vengono considerate il testamento spirituale del pittore. Quella più nota, cui il pittore si dedicò per sette anni fino alla morte, oggi conservata presso il Museum of Art di Philadelphia, è quella che viene spesso indicata come l’opera di maggior equilibrio realizzata dall’artista e che sarà fonte di ispirazione per generazioni di futuri pittori.


Le grandi Bagnanti, olio su tela, 1906, Museum of Art, Philadelphia, Public Domain via Wikipedia Commons




In primo piano vediamo un gruppo di 14 donne nude che si rilassano sulla sponda di un ruscello dopo aver fatto il bagno. Ai lati, dei grandi alberi incorniciano e avvolgono le figure. In secondo piano il ruscello, in profondità l’altra riva con altre figure umane, in lontananza si intravede un paesaggio urbano. Il soggetto delle opere è di chiara derivazione classica e riguarda il tema secolare dell’armonia tra l’essere umano e la natura, che da Giorgione giunge fino a Manet e Renoir. Rispetto alle altre due versioni, quella conservata alla National Gallery di Londra e quella della Barnes Foundation di Merion, dove i grandi corpi costituiscono quasi delle barriere fisiche che impediscono allo sguardo di andare oltre il primo piano, questa versione ha un impianto architettonico più solido e di grande respiro, con un paesaggio ampio e spazioso. Le figure non sembrano immobilizzate da quella sorta di energia compressa che caratterizza la tela londinese, ma emanano una solennità misteriosa che infonde una sensazione di grande calma. L’uso del colore rende l’immagine vibrante e viva, e nello stesso tempo la sua costruzione le conferisce un senso di monumentalità fuori dal tempo.
Il tema è classico: l’inserimento del nudo nel paesaggio. Vitalità fisica, misurata e placida teatralità convivono con echi di antichi misteri femminili. Se i nudi della tradizione presentavano una classicità fatta di grazia e armonia, questi corpi di Cézanne esprimono soprattutto una forza primitiva, una fisicità appena attenuata dall’atmosfera onirica che tiene la scena sospesa in un’inquietante attesa. Le figure delle Bagnanti rappresentano il principio femminile, la potenza creatrice primigenia. Rivive qui il sogno di un’unità perduta tra l’uomo e la natura, la nostalgia di una armonia mitica e di una primitiva libertà, quella “verginità del mondo”, luogo di purezza e ristoro per le inquietudini dell’uomo moderno, che costituisce uno dei miti più ricorrenti della cultura occidentale.
“Procedo molto lentamente, la natura mi si presenta molto complessa; e i progressi da fare sono infiniti”, scrive il pittore poco prima di morire. E ancora: “La natura è sempre la stessa, ma nulla resta di essa, di ciò che appare. […] La nostra arte deve dare il brivido della sua durata, deve farcela gustare eterna. Che cosa c’è dietro il fenomeno naturale? Forse niente; forse tutto”.

Paul Cézanne, Le grandi bagnanti, 1894-1905, National Gallery, Londra, Public Domain via Wikipedia Commons

Lo scopo di Cézanne, perseguito per tutta la sua vita d’artista, è quello di rappresentare la natura penetrandone gli intimi segreti, aspirando a coglierne le strutture solide e durature, andando oltre la fugacità della sensazione. Con questa visione è coerente la scelta del pittore di vivere isolato nel Sud della Francia, in Provenza, a contatto con la natura e lontano dalle illusioni effimere della capitale.
In questa tela, i riferimenti all’arte del passato sono numerosi: i nudi femminili sono ripresi dalle statue classiche raffiguranti Venere, che l’artista copia al Louvre, come dalle figure femminili di Rubens e Tiziano. Questo suo rifarsi ai modelli classici rientra nel più generale obiettivo che l’artista si pone nell’ultimo periodo della sua vita: un’espressione pittorica salda, un’arte monumentale, solida, eterna, contrapposta a quella basata sull’osservazione diretta e sulla sensazione effimera. Un’arte che colga l’essenza, non l’apparenza.
Rinunciando a mescolare i colori sulla tavolozza e applicandoli puri direttamente sulla tela, a piccoli tocchi o trattini, gli impressionisti avevano realizzato dei dipinti più luminosi di quelli di qualsiasi altro predecessore. Ma, dissolvendosi i contorni nella luce, quei dipinti rischiavano anche di essere confusi oltre che effimeri. L’obiettivo di Cézanne è quello di superare confusione ed apparenza. Se Monet e gli altri impressionisti si preoccupano soprattutto di mettere sulla tela la pura percezione visiva, senza curarsi delle forme che producono quelle sensazioni ottiche, Cézanne cerca invece di ricostruire quelle forme, inserendole in uno spazio rigoroso. Ma per far questo utilizza solo la luce e il colore, senza altra preoccupazione relativa alla verosimiglianza.
L'artista semplifica le forme dei corpi, fino a concepirle come un insieme di poche figure geometriche, accentuandone così l'impressione di compattezza, monumentalità e volume. Questo processo coinvolge anche i volti, trasformandoli in una sorta di maschere. Questi, infatti, sono appena abbozzati e si nota come tutta la cura sia volta alla visione d’insieme e non ai particolari, all’architettura della composizione più che alla definizione delle espressioni o dei movimenti dei personaggi. Ciò che risalta maggiormente è la simmetria delle masse e la volumetria dei corpi. I tronchi curvi degli alberi e il ruscello formano un triangolo, il cui vertice è posto fuori dal quadro, mentre i gruppi di donne compongono due piccole piramidi, ciascuna di esse realizzata con un preciso equilibrio simmetrico.
Le figure sono disegnate schematicamente attraverso blocchi di colore e contrasti tonali, racchiuse da linee nere che definiscono in modo netto i contorni. Esse sono allo stesso tempo maestose e deformi, come intente alla celebrazione di un misterioso culto primitivo. Anche lo spazio in cui agiscono le figure non è naturale, ma architettonico. I grandi alberi ai lati dell’immagine si ergono come pilastri, convergendo in cima fino a formare una sorta di volta di cattedrale; ad essi corrispondono le braccia delle donne del gruppo centrale: alberi e braccia disegnano due archi ogivali che insieme formano una figura ovale, aperta su un cielo azzurro che occupa gran parte della tela e in cui si addensano nuvole bianche all’orizzonte. Nonostante siano racchiusi da contorni neri e definiti, le ombre colorate permettono ai corpi di ricongiungersi con la natura circostante. Tutto si fonde nella purezza dell’atmosfera: i corpi, la vegetazione, l’acqua, il cielo; i rapporti tra le masse sono compiutamente armonici ed ogni cosa trova il suo posto in una sublime architettura.

Paul Cézanne, Le grandi bagnanti della Barnes Foundation (1900 circa) - Public Domain via Wikipedia Commons

Cézanne vive un periodo di transizione, caratterizzato da un nuovo disagio esistenziale e da una crisi che affonda le sue radici nel venir meno, nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, di quella fede incrollabile nel progresso della civiltà e nella capacità della scienza e della tecnologia di controllare e dominare il mondo naturale. Subentra pertanto un’atmosfera di inquietudine e di precarietà, all’interno della quale Cézanne matura il suo tentativo di opporvi un nuovo ordine, fatto di rigore formale e ricerca di una nuova razionalità. Per l’artista francese il compito del pittore è quello di rappresentare le verità primarie del rapporto dell’occhio col mondo (come avviene in alcuni maestri del passato), di penetrare la superficie del reale, distillando la molteplicità e la variabilità del visibile nella purezza della forma imperitura.
Una delle sue battute più famose era quella di voler “faire du Poussin sur nature”, cioè di realizzare l’equilibrio e il rigore razionale dei classici (nelle cui composizioni ogni forma si staglia nitida, ogni corpo appare ben solido e fermo, dove tutto è grandiosamente semplice e sereno e nulla viene lasciato al caso), nella consapevolezza di non poter più utilizzare i metodi dei vecchi maestri, i quali avevano raggiunto il loro equilibrio e la loro solidità attraverso l’applicazione di alcune regole come l’ombreggiatura chiaroscurale e la prospettiva, rinunciando a rappresentare la natura così come la percepivano i loro occhi. L’obiettivo di Cézanne era quello di dipingere sur nature, valendosi delle scoperte degli impressionisti, ma nello stesso tempo di riconquistare il senso di ordine che era stato proprio dell’arte di Poussin.

Paul Cézanne, Cinque bagnanti, 1885-87, Basilea.

Dall’Impressionismo mutua i valori della luce, dell’uso dei colori puri, dati con pennellate brevi. Ma la sua ricerca va oltre, aspira alla solidità della forma, al rigore della geometria; pur conservando l’immediatezza della sensazione luminosa e fuggevole, egli cerca di conferirle un valore di eternità. Per far questo occorre sottomettere la marea informale di impressioni luminose a una solida costruzione spaziale e compositiva. Questa solidità spaziale deriva dal disegnare le immagini in base alle figure geometriche basilari, il cono, il cilindro e la sfera, pur non potendo più questi volumi essere resi attraverso il chiaroscuro disegnativo della tradizione accademica. Il ricorso alle figure geometriche permette di elaborare la molteplicità dei dati sensoriali, sottraendoli alla confusione della mera sensazione e organizzandoli all’interno di un ordine strutturale. Questo impianto è ben definito ne Le Grandi Bagnanti: la scena e le forme sono edificate proprio dall’uso del cono, del cilindro e della sfera: è conico l’impianto principale che ha il proprio vertice nelle cime degli alberi, sono cilindrici i tronchi così come cilindriche e sferiche sono le parti che compongono i corpi delle donne ed ogni pennellata è calibrata per costruire la forma con il colore tonale e non col chiaroscuro. E se i contorni delle figure sono incerti, spesso raddoppiati o triplicati, ciò deriva dal fatto che il punto di vista dell’occhio umano non è univoco, ma molteplice. Solo una percezione astratta può attribuire a un oggetto un contorno unico, mentre in realtà l’occhio, che è incessantemente mobile, percepisce limiti continuamente mutevoli.
Coniugare le acquisizioni impressioniste sulla percezione luminosa con la ricerca delle forme eterne sarà il difficile rovello su cui Cézanne consumerà la propria salute mentale, portandolo spesso sull’orlo della disperazione. E per questo egli “diventerà il pilastro portante del modo più diffuso di guardare la realtà assunto dall’uomo del XX secolo”. (F. Caroli, Il volto e l’anima della natura).
La sua sintesi rappresentativa influenzerà molti artisti successivi, soprattutto Picasso e Matisse. La pittura del Novecento sarà debitrice all’artista delle nuove possibilità espressive schiuse al linguaggio della pittura e Cézanne verrà definito il padre dell’arte contemporanea, l’artista che più di tutti ha influito sugli sviluppi successivi della pittura. Continua Caroli:
“Con Cézanne, l’occhio umano si pone laicamente, spietatamente, il problema dei suoi limiti. Spinge la propria ansia di conoscenza in tutte le direzioni; batte la testa contro muri di vetro. E, alla fine, se non altro, capisce perché non è possibile risolvere la famosa equazione impostandola in termini «poussiniani», cioè neoprospettici: perché la prospettiva tradizionale è concepita su una visione statica e monoculare (cioè astratta), mentre l’uomo contemporaneo ha consapevolezza di guardare con due occhi, che non sono immobili, e di guardare anche attraverso la conoscenza «mentale» che ha della realtà. L’uomo contemporaneo è consapevole della «molteplicità del punto di vista»: in questa semplice formuletta, che detiene le potenzialità rivoluzionarie della teoria della relatività, ed equivale alla scoperta di «altre» dimensioni oltre le tre tradizionali, è contenuto l’immenso sforzo di conoscenza e di poesia operato dall’arte contemporanea attraverso Cézanne”.

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