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lunedì 25 luglio 2016

Ribelli e rivoluzionari - Tina Modotti


Tina Modotti, Mujer con bandera. México, 1928.


Quando Tina Modotti arrivò in Messico insieme al suo compagno Edward Weston, nel 1923, la rivoluzione si era già conclusa, ma lo spirito e gli ideali rivoluzionari vivevano ancora nel movimento artistico denominato Mexicanidad, che aveva prodotto una rinascita culturale in tutto il paese. Molti erano gli intellettuali e gli artisti d’avanguardia provenienti da varie parti del mondo che vi trovavano ospitalità. Tina Modotti rimane così affascinata da Città del Messico che la sceglierà come luogo d’elezione per viverci.
Espressione di questo “rinascimento” erano le opere di José Clemente Orozco, Diego Rivera e sua moglie Frida Kahlo, David Alfaro Siqueiros e altri. Tina ebbe stretti legami con questo cerchio di artisti: fotografò i murales di Orozco e di Rivera e fu da questi ritratta in alcune opere. Frida Kahlo e Rivera frequentarono e (forse) amarono l’affascinante fotografa italiana. Il pittore la raffigurò nei suoi murales più vibranti di passione civile, ne decantò in lunghi articoli l’occhio fotografico, capace di cogliere l’anima di indios, campesinos, e in definitiva del Messico più ancestrale e profondo. Frida, giovanissima, ne ammirò profondamente il talento e ne subì il fascino e l’influsso artistico.
Assunta Adelaide Luigia Modotti, detta Tina, nasce nel popolare Borgo Pracchiuso a Udine, da famiglia operaia aderente al socialismo della fine Ottocento. A dodici anni, per contribuire al sostentamento della numerosa famiglia (sono in sei fratelli), lavora come operaia in una filanda. Apprende elementi di fotografia frequentando lo studio dello zio Pietro Modotti. A 16 anni emigrò negli Stati Uniti per raggiungere il padre a San Francisco: lì iniziò a recitare a teatro e a posare come modella per pittori e fotografi. Nel 1918 iniziò una relazione con l’artista Roubaix “Robo” de l’Abrie Richey e si trasferì con lui a Los Angeles per iniziare a lavorare nel cinema. Qui conobbe il fotografo Edward Weston: ne divenne la modella preferita e poi l’amante.
Nel 1921 il compagno Robo si trasferì in Messico; Modotti lo raggiunse, ma arrivò due giorni dopo la sua morte per vaiolo. Qualche anno più tardi aprì a Città del Messico uno studio di ritratti fotografici insieme a Weston: i due ebbero, tra le altre cose, l’incarico di fotografare il paese per il libro Idols Behind Altars della scrittrice Anita Brenner, che raccontava la storia e l’arte contemporanea del Messico. Nello stesso tempo Modotti divenne la fotografa di riferimento del movimento murale messicano, e documentò le opere di José Clemente Orozco e Diego Rivera.

Tina Modotti, Manifestación de trabajadores, 1° de mayo de 1926.

Il Messico fu il grande amore di Tina, nonostante le alterne vicende che vi attraversò. Dopo la separazione da Weston, vi rimarrà da sola, coprendo un ruolo da protagonista nella vita politica e culturale. Negli stessi anni conobbe molti personaggi politici radicali e comunisti, come il giovane rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella (con il quale visse una intensa relazione terminata bruscamente per l’assassinio di Mella da parte di alcuni sicari inviati dal dittatore Machado) e Vittorio Vidali, esiliato italiano legato al Komintern sovietico. Nel 1927 si iscrisse al Partito comunista e il legame fra la sua attività creativa e quella politica diventò indissolubile. Pubblicò su molti giornali di sinistra, compreso El Machete, l’organo ufficiale del Partito comunista messicano. E’ amata e criticata, per il suo fascino e per il suo stile di vita spregiudicato per l’epoca.
Sebbene gli esordi, come assistente-apprendista di Edward Weston, la vedano cimentarsi tenacemente, in studio ed in camera oscura, con la sperimentazione di tecniche di doppia esposizione (ricordiamo “Glasses”, una composizione di calici, che s’intrecciano creando evanescenti geometrie su un fondo scuro), ben presto diventa in lei viva l’esigenza di “produrre soltanto buone fotografie, senza ricorrere a manipolazioni”. La sua ricerca di questo primo periodo (cui appartiene anche una serie di eleganti immagini floreali intrise di sensualità e inquietudine), ancora legata all’influenza di Weston, e all’indagare di questi sui rapporti di forme create da luci ed ombre, è ancora prettamente estetica e si caratterizza per nitidezza del segno grafico e accuratezza della composizione
Ben presto Tina trasforma il suo modo di fotografare e in pochi anni percorre un'esperienza artistica folgorante: dopo le prime fotografie di interni e nature morte, sposta l'obiettivo verso forme più dinamiche.

TINA MODOTTI, SOMBRERO, FALCE E MARTELLO, 1927.

I primi riconoscimenti come fotografa le arrivano dagli esponenti dell’Estridentismo, un movimento affine al Futurismo per la sua lotta al “passatismo”: “Pali del telegrafo”, una sua foto del 1925, con una dinamica fuga prospettica di pali sovrapposti e di cavi contro il cielo, richiama alla mente le “scariche elettropoetiche” estridentiste. Tina è acclamata e le sue immagini sono pubblicate dalle riviste estridentiste. A poco a poco, si muove verso una totale indipendenza artistica da Weston: il suo obiettivo comincia a cercare per le vie messicane, tra la gente, le tracce di una rivoluzione dai risvolti contraddittori. Tina, quindi utilizza il mezzo fotografico come strumento di indagine e denuncia sociale, e le sue opere, comunque realizzate con equilibrio estetico, assumono di frequente valenza ideologica: esaltazione dei simboli del lavoro, del popolo e del suo riscatto (mani di operai, manifestazioni politiche e sindacali, falce e martello,...); le sue fotografie si incentreranno sempre più sulla figura umana (madri coi propri bimbi al seno, bambine al lavoro nei campi e nelle fattorie) e sul reportage sociale: celebri le immagini scattate nello Stato di Oxaca, che potrebbero rappresentare una buona documentazione etno-antropologica sugli indios messicani, ma rivelano anche un’attenzione partecipe per la loro condizione umana.
Sono questi anni di grandi rivolgimenti, per la vita politica messicana e per quella privata di Tina Modotti: le sue foto appaiono su El Machete, AIZ, New Masses, Creative Art e persino su Vanity Fair; compie dei lavori su commissione. Il momento più importante della sua carriera fotografica arrivò nel 1929, con una retrospettiva al Museo nacional de arte di Città del Messico: era presentata come «la prima mostra fotografica rivoluzionaria in Messico». La rivista Mexican Folkways pubblica il manifesto "Sobre la fotografia" firmato da Tina Modotti.
Quando nel 1929 ci fu un fallito attentato al presidente messicano Pascual Ortiz Rubio, Modotti si ritrovò nel mezzo di una campagna mediatica anti-comunista e xenofoba che la portò all'espulsione dal Paese. In Europa visse a Berlino, poi si trasferì a Mosca, dove lavorò per la polizia segreta sovietica e si occupò di attività di soccorso ai perseguitati politici, e nel 1936 andò a combattere insieme a Vittorio Vidali nella Guerra civile spagnola, nelle Brigate Internazionali, abbandonando del tutto la fotografia. Restò nel paese fino al 1939, quando ritornò in Messico con uno pseudonimo. Morì nel 1942, a 45 anni, per un infarto. La stampa reazionaria accusò Vidali di averla assassinata perché era al corrente di crimini e esecuzioni che aveva ordinato durante la guerra civile, ma molti amici di Modotti respinsero le accuse. Tra loro, il poeta cileno Pablo Neruda, che le dedicò una poesia, parzialmente scolpita sulla sua tomba nel Panteón de Dolores a Città del Messico.
Tina e il suo lavoro rimasero a lungo dimenticati fino ai primi anni Settanta. L'opera di Tina Modotti, che si trovava in buona parte negli Stati Uniti, venne tenuta nascosta nei cassetti dei Dipartimenti di fotografia per l’influenza del maccartismo che rese impossibile, per molti anni e non solo in America, lo studio e la presentazione di un'artista che aveva creato immagini di qualità per il solo fatto di aver militato nel movimento comunista internazionale. Dal Settanta in poi hanno visto la luce numerose pubblicazioni su di lei, biografie e mostre che hanno contribuito a costruire il mito di un'artista anticonvenzionale e rivoluzionaria, modella, attrice, fotografa, attivista politica. La sua immagine leggendaria si nutre di una fama di donna dai molti nomi e dalle molte vite, indipendente ed intellettualmente consapevole, di artista eclettica e trasgressiva, di rivoluzionaria “pasionaria”, legata nella vita ad uomini dalle forti aspirazioni artistiche e politiche, da lei completamente condivise.
“L’opera della Modotti – scrive Blanca María Monzón nel saggio “Tina Modotti, sujeto historico” – è un paradigma della fusione tra la cultura rivoluzionaria messicana e l’estetica fotografica d´avanguardia”.
Questa descrizione di Tina fotografa sembra rendere bene il senso della sua opera: rigore formale, sensibilità e tensione d’ideali, infatti, pervadono le sue nature morte, i ritratti, quanto i più sentiti reportage.
Come fotografa, Tina sentiva il dovere d’incidere sulla società, ora rappresentandone i mali, ora esaltandone le potenzialità di riscatto. Le sue immagini appaiono originali e sentite, nella purezza della loro composizione trasmettono un messaggio sociale sintetico e chiaro in una forma classica per equilibri e simmetrie.
“La fotografia per il fatto stesso che può essere prodotta soltanto nel presente e sulla base di ciò che oggettivamente esiste di fronte alla camera, si impone come il mezzo più soddisfacente per registrare la vita oggettiva in tutte le sue manifestazioni; da ciò il suo valore documentario, e se a questo si aggiunge la sensibilità e la comprensione del problema e soprattutto un chiaro orientamento sull’importanza che deve assumere nel campo dello sviluppo storico, credo che il risultato meriti di occupare un posto nella rivoluzione sociale a cui tutti dobbiamo contribuire”. In questa frase di Tina Modotti c’è, forse, il senso della sua opera fotografica.
Questi sono i primi versi della poesia di Pablo Neruda a lei dedicata:
Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi:
forse il tuo cuore sente crescere la rosa
di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa.
Riposa dolcemente, sorella.
La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua:
ti sei messa una nuova veste di semente profonda
e il tuo soave silenzio si colma di radici.
Non dormirai invano, sorella.
Puro è il tuo dolce nome, pura la tua fragile vita (…)

http://www.raiscuola.rai.it/articoli/tina-modotti-fotografa-e-rivoluzionaria/4629/default.aspx

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