Si, avete visto bene: è un leprotto. Vi starete chiedendo cosa c'entra una lepre con porte e finestre. Eppure, se ingrandite l'immagine e guardate nell'occhio di questa bestiola, vedrete raffigurata una finestrella luminosa.
Questa lepre è un acquerello e guazzo del pittore tedesco Albrecht Dürer, che usava inserire il riflesso di una finestra negli occhi dei suoi personaggi, compreso se stesso nei famosi e numerosi autoritratti, e sia nei dipinti che nei disegni e nelle incisioni.
I suoi volti ritratti sono collocati per lo più nel bel mezzo di uno spazio indefinito e quasi impenetrabile - perché costituito spesso da un fondo scuro -, e tuttavia sono ancorati a quello spazio grazie al piccolo dettaglio di una finestra (detta "lustro") che si riflette nei loro occhi. Ma, oltre a donare un'espressione viva e vitale ai volti ritratti, qual è il significato di queste finestre?
Albrecht Dürer, Incisione raffigurante Frederick the Wise del 1524, particolare. |
Per alcuni studiosi il lustro nell'occhio rappresenta simbolicamente la redenzione, forse però è più verosimile considerarlo una cifra stilistica, cioè un elemento di riconoscimento dell'autore. Ma c'è un'altra ipotesi plausibile.
Dürer compì accurati studi di geometria proiettiva. In base a questa, come abbiamo visto a proposito di Leon Battista Alberti, la superficie di un quadro è una finestra di vetro attraverso la quale l’artista vede il soggetto da rappresentare. Le linee di visione che partono da questo soggetto e arrivano all’occhio passano attraverso il vetro della finestra, e i punti nei quali le linee attraversano la superficie della finestra formano una proiezione del soggetto sopra detta superficie. Questo è testimoniato in varie incisioni di Dürer, come ad esempio il "Prospettografo" del 1525, dove l’artista rappresenta il modo in cui ritrae un uomo seduto o in quest'altra, che vediamo nell'immagine sotto, dove un pittore sta disegnando una donna coricata.
Xilografia di Albrecht Durer, Il prospettografo (il pittore guarda la donna attraverso una finestra quadrettata mantenendo un punto di vista fisso) |
Soffermiamoci ancora un momento su un paio di questioni attinenti la visione rinascimentale della pittura come "finestra aperta sul mondo" e la connessa prospettiva lineare, perché ci torneremo in seguito:
1. - Una caratteristica dell'immagine prospettica è quella di assegnare una precisa collocazione spaziale allo sguardo dell'osservatore, sia di chi dipinge che di chi osserva il quadro. La strutturazione della prospettiva avviene mediante la collocazione dell'occhio del pittore in un punto fisso e in quello stesso punto dovrà collocarsi anche l'occhio dello spettatore, per poter avere una visione adeguata. Tutta la prospettiva lineare è costruita per modellare la percezione che il soggetto ha di una certa realtà.
2. - Cosa comporta assumere la finestra a modello del nostro modo di vedere il mondo, presupposto su cui si basa la prospettiva lineare? Comporta innanzitutto dividere lo spazio in due parti, rispettivamente di qua e di là da essa, poste dunque l’una di fronte all’altra, Assumere la finestra a modello del nostro modo di vedere il mondo significa dunque concepire la visione come un’operazione caratterizzata dalla distanza e dalla separazione fra colui che vede e ciò che è visto.
Notiamo che questi due elementi analizzati sono tra loro in opposizione: da un lato la prospettiva crea una distanza tra l'uomo e le cose, dall'altra elimina questa distanza, assorbendo quelle cose nell'occhio dell'uomo, cioè nel suo punto di vista; da un lato la prospettiva si basa su regole matematicamente esatte, oggettive (la pittura "imita" la realtà oggettiva attraverso una costruzione geometricamente strutturata), dall'altro fa dipendere quelle regole dall'osservatore, in quanto la prospettiva si basa sulla percezione individuale, che avviene da un certo punto di vista che è del tutto soggettivo. Questa tensione tra i due poli opposti di soggettività e oggettività conferisce all'immagine prospettica una caratteristica di ambiguità. Il Rinascimento parte dall'affermazione che la pittura imita una realtà oggettiva, ma in realtà la prospettiva stessa non è che un modo di rappresentare una percezione soggettiva. Tutto ciò fa si che la storia della prospettiva, e quindi la storia della rappresentazione pittorica di quattro secoli, possa essere vista da un lato come il trionfo del primato della realtà, cioè dell'oggettività, dall'altro come il trionfo della volontà di potenza dell'uomo che tende ad annullare ogni distanza e a imporsi sulla realtà stessa (si veda E. Panofsky, La prospettiva come 'forma simbolica').
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