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mercoledì 27 luglio 2016

Porte e finestre - La pittura come "finestra aperta sul mondo"

    Lorenzo Di Credi, Annunciazione, 1480, Galleria degli Uffizi, Firenze.


Come lo specchio, anche la finestra affascina per la sua ambiguità: oggetto apribile e chiudibile al tempo stesso, separa e unisce, permette di vedere e di essere visti oppure di celare e di celarsi, contiene in sé la trasparenza del vetro e l'opacità del battente o della tapparella.
Come lo specchio inoltre, anche la finestra è un simbolo con cui l’artista può riflettere sul proprio mestiere di “fare pittura”. In una poesia Rainer Maria Rilke scriveva: «Non sei forse tu, finestra, la nostra geometria, forma così semplice che senza sforzo circoscrivi la nostra vita immensa?».
Rilke era attratto dalle finestre, convinto com'era che la loro forma modellasse la nostra idea del mondo: circoscrivendo una porzione della realtà, esse ci permettono di avere una visione chiara, altrimenti inattingibile nella vastità confusa della nostra "vita immensa". Ma questa intuizione non era una novità, ma si poneva nel solco di una tradizione che ha la sua origine nell'Umanesimo, quando la pittura occidentale si era data l'obiettivo di farsi mimesi del reale e per questo aveva codificato i principi della rappresentazione dello spazio nella geometria della prospettiva lineare.

Già allora la finestra era stata caricata di implicazioni simboliche, rinvenibili per esempio nelle parole di Leon Battista Alberti, tratte dal suo De pictura del 1436, con le quali suggerisce ai pittori un suo efficace artificio per riprodurre fedelmente il reale: per farlo, scriveva, io «disegno un quadrangolo di angoli retti ... il quale mi serve per un'aperta finestra dalla quale si abbia a veder l'istoria» (Libro I, 19). Tutto ciò è stato riassunto in seguito coniando la definizione di pittura come "finestra aperta sul mondo", cioè la pittura imita la realtà e per far questo ricorre agli artifici matematici della prospettiva lineare. Questa impostazione ha fatto della finestra uno dei "luoghi topici" dell'arte occidentale, una metafora della pittura, in quanto la finestra permette di guardare, ma allo stesso tempo limita la visuale e impedisce all'osservatore di disperdersi. Riassumendo, nel Rinascimento la finestra non rappresenta una soglia, un confine, ma uno strumento visivo e concettuale, un dispositivo ottico, uno sguardo prospettico che organizza e misura "matematicamente" l'essenza dello spazio.
La "finestra" albertiana è la base della concezione dell’arte occidentale dal Rinascimento alla seconda metà dell’Ottocento: una concezione come si è detto mimetica, che concepisce il quadro come apertura sul mondo, come umanistica proiezione dell’occhio umano, che deve trovare corrispondenza tra immagine mentale e la realtà fuori di sé. La cessazione di questo criterio è invece decisiva nel produrre la nascita dell’arte contemporanea, in cui la finestra ricorre con un senso del tutto diverso.
In questo dipinto del Credi è illustrato bene il concetto rinascimentale di finestra. Anche qui il punto di fuga si situa oltre la porta, nel paesaggio esterno, mentre le aperture, più che rappresentare delle soglie che delimitano uno spazio interno distinguendolo da quello esterno, sono i dispositivi ottici che permettono l'organizzazione della rappresentazione spaziale.


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