Gianni Berengo Gardin, Yugoslavia, 1979. |
Foto di un momento semplice e quotidiano (probabilmente scattata in qualche mercato di campagna), ma a chi guarda non può sfuggire il candidamente malizioso accostamento. Ma la fotografia di Berengo Gardin è così: cerca lo sguardo lieve, l'umorismo garbato,
la contraddizione sottile, il sorriso buono, quello che nasce quando in un'immagine ognuno ritrova un po' di se stesso, del suo ambiente, dei suoi ricordi e nello stesso tempo coglie il mutamento che si è realizzato, il passo della storia, il mondo che non c’è più. E' il racconto della quotidianità, circondato da un alone leggero che è insieme di spirito e di malinconia.
"A me interessa ritrarre l’essere umano nella sua vita quotidiana, negli ambienti in cui vive e nei paesaggi che gli stanno intorno”. Attento osservatore del paesaggio antropologico, con una fotografia profondamente radicata su tematiche realiste, per oltre sessanta anni ha documentato la vita quotidiana, i paesaggi, le architetture, la vita nelle strade e all’interno delle case, il mondo della campagna e quello dell’industria, il lavoro contadino e quello operaio, gli istituti psichiatrici, gli zingari e gli angoli più remoti d’Europa, riuscendo in questo modo lento e pacato a cogliere i piccoli e grandi mutamenti della storia. Ha organizzato queste immagini in oltre duecento libri e altrettante mostre. Uno di questi libri è “Yugoslavia”, realizzato per il Touring Club Italiano e pubblicato nel 1981, con testi di Giorgio Bocca.
Gianni Berengo Gardin, Lido di Venezia, 1958. |
In un'intervista Berengo Gardin ha detto di sé: “Io lavoro per l’archivio, per tramandare ai posteri certe cose che scompaiono, certe tradizioni, certi paesaggi, certe architetture”. Il suo sguardo non indaga e non accusa mai, ma si schiera sempre da una parte: quella che mette al centro l’uomo e la sua dignità, a prescindere dal contesto in cui è immerso.
Nella stessa intervista spiega anche la scelta del bianco e nero. “Io amo moltissimo il bianco e nero. Infatti ho quasi sempre, al 90%, fotografato in bianco e nero. Prima di tutto perché io nasco – a Santa Margherita ligure nel 1931 – con la televisione in bianco e nero, col cinema in bianco e nero, con la fotografia in bianco e nero. Tutti i miei maestri erano fotografi di bianco e nero, quindi io non potevo essere che un fotografo di bianco e nero. E poi perché per il mio tipo di fotografia, il bianco e nero è senz’altro più efficace. Il colore distrae sempre. Si vedono di più i colori che il contenuto della foto”.
Gianni Berengo Gardin, Caffé Florian, Venezia. |
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