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giovedì 24 dicembre 2015

Animali in Pittura - Cani e unicorni

Raffaello Sanzio, La dama con liocorno, 1505-1507, Galleria Borghese, Roma.
Questo dipinto ha una storia alquanto singolare. Eseguito da Raffaello, ha tuttavia subito negli anni successivi una serie di rimaneggiamenti. Nel quadro è raffigurata, contro un parapetto e fra due colonne di una loggia aperta, una fanciulla bionda (fiorentina a giudicare dalla veste, la “gamurra”, e dalla pettinatura) elegantemente vestita, ritratta frontalmente, con in grembo un piccolo unicorno.
Ma, da una foto risalente al 1930, si può vedere chiaramente che, prima del restauro eseguito nel 1934-36, l’unicorno non c’era, al suo posto era raffigurata una ruota, le spalle della donna erano coperte da un mantello e il titolo del quadro indicava che il personaggio raffigurato era Santa Caterina d’Alessandria. Nel corso del restauro si scoprì che sotto lo strato superficiale, di grossolana fattura, l’immagine era ben diversa. L’ipotesi più probabile è che l’opera fosse originariamente un ritratto, commissionato a Raffaello in previsione di un matrimonio e per qualche motivo lasciato incompleto dall’Urbinate. Secondo i dati emersi dall’esame radiografico emerge che nel primo strato, quello sicuramente attribuibile a Raffaello, la dama era dipinta senza alcun animale in grembo. Poco dopo con un disegno, eseguito sulla pittura preesistente, venivano aggiunti, probabilmente da Giovanni Antonio Sogliani, altri elementi, tra i quali le maniche del vestito e un animale nel grembo della donna. Ma non l’unicorno che vediamo oggi, bensì un cagnolino, simbolo di "fidelitas".

Dettaglio dell'esame radiografico che fa intravedere il cagnolino sotto l'unicorno.

Nel terzo strato, cui si fece ricorso qualche anno dopo, probabilmente a causa del danneggiamento del cane, veniva sovradipinto l’unicorno, simbolo di verginità. Ma la storia non finisce qui: un ulteriore intervento avrebbe, infine, modificato la figura come Santa Caterina d'Alessandria, con l'aggiunta di un mantello e della ruota del martirio, tradizionale emblema associato all’iconografia di questa santa.

Foto in bianco e nero precedente il restauro.

Dopo il restauro, che aveva evidenziato ben tre ridipinture successive sull’originale, la Santa Caterina d’Alessandria era diventata un Ritratto di giovane dama con unicorno.
L’iconografia del ritratto è un altro enigma non risolto: il personaggio è ancora senza nome, anche se più volte si è proposto quello di Maddalena Strozzi, sposa di Angelo Doni dal 1503, ritratta ancora in seguito da Raffaello nel dipinto conservato negli Uffizi di Firenze. Le somiglianze tra le donne di questi due dipinti sono maggiori delle differenze e, inoltre, un altro elemento gioca a favore di questa identificazione: la famiglia Strozzi risiedeva nel Gonfalone dell’Unicorno del quartiere di Santa Maria Novella.
La scelta dell’unicorno come simbolo di purezza virginale era perfettamente legittimo come attributo di una promessa sposa, ma non così consueto, agli inizi del Cinquecento, come lo era stato in epoca tardo-gotica nell’ambito della cultura cortese. Come attributo della sposa era più consueto scegliere il cane, simbolo di fedeltà; e in effetti in precedenza era stato dipinto proprio un cane, cui fu sovrapposta in un secondo momento la figura del liocorno. Il motivo di tale mutamento in corso d’opera non è mai stato spiegato e si potrebbe ipotizzare che fosse dovuto alla volontà di precisare l’appartenenza della sposa alla famiglia di quella contrada.
L’unicorno che la donna porta in grembo, simbolo di verginità, è legato alla tipologia del ritratto nuziale. Di questo animale fantastico ci parla la letteratura cortese e cavalleresca. Nei bestiari medievali esso è descritto come una bestia inavvicinabile, indomabile e difficile da catturare. Ma se l’unicorno sente il profumo di una fanciulla vergine, allora si inginocchia davanti a lei umilmente e si addormenta tra le sue braccia. Pertanto la rappresentazione di un unicorno accanto ad una giovane ne simboleggia la purezza virginale e per trasposizione l'unicorno diventa simbolo di Castità. Anche i gioielli indossati dalla fanciulla fanno propendere per l'interpretazione del quadro come dipinto nuziale, in particolare la perla scaramazza del pendente è un riferimento simbolico alle virtù coniugali e al candore virginale della sposa. La stessa collana d'oro annodata al collo poteva rappresentare il vincolo matrimoniale.
Secondo la consuetudine del tempo, i ritratti delle promesse spose venivano commissionati soprattutto in occasione del matrimonio e spesso sul grembo della fanciulla veniva raffigurato un cagnolino (l’unicorno del quadro di Raffaello e l’ermellino di Leonardo, che non era legato a sponsali, sono due casi atipici) in segno di castità e fedeltà, principi fondamentali su cui si reggeva la famiglia patriarcale, princìpi che, oltre a un valore morale, possedevano soprattutto un valore economico, se si pensa che l’unione nuziale nel Rinascimento era innanzitutto un contratto nel quale venivano menzionate crude cifre e proprietà immobiliari, accompagnato da una serie di atti rituali. Il matrimonio offriva la possibilità di contrarre alleanze vantaggiose con altre famiglie. Alle figlie veniva chiesto di rinunciare a due rivendicazioni: quella sulla proprietà paterna al di là della dote, e quella ad una libera scelta sessuale. I genitori sceglievano i mariti per le figlie e ne negoziavano la sistemazione economica per lo più senza che queste intervenissero. Condizione imprescindibile perché venisse celebrato il matrimonio era l’illibatezza della fanciulla, per garantire la discendenza legittima della famiglia del marito.
Questo è un altro esempio di quadro nuziale in cui la fanciulla è raffigurata con un cagnolino in braccio. Pare si trattasse del ritratto idealizzato di Isabella d'Este e la bestiola umanizzata somiglia tanto al marito Francesco Gonzaga (lo si può constatare nel confronto con la scultura di Gian Cristoforo Romano al Palazzo Ducale di Mantova).

Lorenzo Costa, Ritratto di dama con un cane (Isabella d’Este?), 1508.

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