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venerdì 13 settembre 2019

Melancholia. La testa reclina sulla mano

"Un dì si venne a me Malinconia
e disse: 'io voglio un poco stare teco';
e parve a me ch’ella menasse seco
Dolore e Ira per sua compagnia"
(Dante Alighieri, Rime 25)


A livello iconografico, la melanconia è un segno visuale caratterizzato da una posa ben definita: “nella postura del melanconico il volto pesa sulla mano, il braccio pesa sul ginocchio, tutto il corpo si inclina, in cerca di un sostegno su cui appoggiarsi” (http://www.engramma.it/eOS/index.php?id_articolo=3039#arianna). Nel suo celebre Saturno e la melanconia, Panofsky scrive a proposito di questa postura:
“viene da una certa tradizione pittorica, che in questo caso risale indietro di millenni. Si tratta del motivo della guancia appoggiata a una mano. Il significato primario di questo antichissimo gesto, che si vede anche nei ploranti di certi rilievi su sarcofagi egizi, è il dolore, ma può anche significare la fatica o il pensiero creativo. Per limitarci a tipi medievali, esso rappresenta non solo il dolore di san Giovanni sotto la croce, e la sofferenza dell’anima tristis del salmista, ma anche il pesante sonno degli apostoli sul Monte degli Olivi, o il monaco che sogna nelle illustrazioni al Pélerinage de la vie humaine; il pensiero concentrato di un uomo di Stato, la contemplazione profetica di poeti, filosofi, evangelisti e padri della Chiesa; o anche il meditabondo riposo di Dio Padre il settimo giorno. Non sorprende quindi che un gesto del genere dovesse affacciarsi alla mente dell’artista quando si trattava di realizzare una configurazione che combinasse in un nesso quasi unico la triade dolore, fatica e meditazione; cioè quando doveva rappresentare Saturno e il melanconico soggetto al suo potere”.
Nella teoria ippocratica, il temperamento melanconico è caratterizzato dall'eccesso di bile nera (melanconia deriva dal greco melancholía, composto di mélas, mélanos (nero), e cholé (bile). Difficile tratteggiare in modo preciso il quadro definitorio. Oggi per melanconia si intende comunemente uno stato d’animo di leggera depressione, mentre nel passato la melanconia ha incluso una mappatura molto più complessa.
Se ai nostri giorni il termine denota essenzialmente una condizione psicologica, nei secoli scorsi, poiché non era contemplata la separazione tra mente e corpo, la melanconia veniva considerata un temperamento, cioè un modo di essere sia mentale che fisico. I melanconici erano legati alla terra fredda e asciutta, alla bile nera e a Saturno, che dominava il corso del tempo, il dolore, la morte e l'oscurità.
In passato, dunque, la melanconia non aveva connotazioni propriamente negative e, col passare del tempo, viene associata a intellettuali, eremiti, uomini di genio e creativi, artisti in primis. In particolare, la figura della malinconia diventa l’allegoria della pensosità. Come nella celebre incisione di Dürer.


Da questo archetipo deriva la tipologia dell’intellettuale pensoso, come il San Girolamo, intento a tradurre le Sacre Scritture, figura che incarna lo studioso umanista, solitario e isolato dal mondo. In questa posa vengono raffigurati i poeti, i sapienti, ma anche i Padri della Chiesa (la postura dell'intellettuale pensoso diventa caratteristica di San Paolo e di Sant’Agostino) fino al filosofo di Rembrandt.
La melanconia è una condizione ambivalente. Il filosofo e medico rinascimentale Marsilio Ficino ravviva la convinzione aristotelica secondo cui le peculiari eccentricità di uomini grandi e contemplativi - sbalzi d'umore, depressione, misantropia, dimenticanza e simili – sono proprie di un temperamento malinconico. La sua teoria attribuisce gli alti e bassi psichici della condizione a un'improvvisa combustione della bile nera nel corpo, il cosiddetto "fuoco dell'ispirazione", che scatena un’attività creativa frenetica ma, al contempo, genera delle scorie che inquinano il cervello.

Accanto a questa direzione, si può osservare l’evolversi di una cospicua iconografia che riguarda, invece, delle figure femminili: la melanconia caratterizza la rappresentazione di alcune Muse, in particolare Melpomene, Musa della tragedia. Donne in atteggiamento melanconico sono anche le ninfe pensose, alcune figure che accompagnano le scene di Compianto e qualche rappresentazione della Maddalena penitente, in meditazione sul teschio memento mori.
Sulle diverse tipologie in cui si declina l’iconografia della melanconia, si veda l’articolo prima citato, basato su una tavola del Mnemosyne Atlas di Warburg.

Nell’età moderna questa figura iconografica ha perduto il significato allegorico ed è diventata segno di una condizione psicologica caratterizzata da abbattimento depressivo. E’ lo spleen dei romantici e di Baudelaire, il male di vivere del secolo breve, il disagio dell’individuo moderno.

I due collage non seguono delle classificazioni ben precise, ma solo una rudimentale suddivisione tra personaggi maschili e personaggi femminili, messi in sequenza secondo un approssimativo ordine cronologico.

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