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giovedì 27 dicembre 2018

Lo sguardo dello spettatore. Alcune considerazioni finali

John Vink, La morte di Marat Museo Reale delle Belle Arti di Bruxelles, 1974.

Chiudiamo finalmente questo lungo percorso sullo sguardo dello spettatore, cercando di tirare brevemente alcuni fili.

Fruire un contenuto visivo (un quadro, una fotografia, un film) è essenzialmente un insieme di pratiche: percettive, cognitive, operative e relazionali.

- Ogni fruizione di un’immagine, immobile o in movimento, ha come punto di partenza l’estesìa, cioè una sensazione, che è già di per sé un’astrazione e non una fedele registrazione del mondo reale, a causa delle caratteristiche biologiche dei nostri organi di senso e della complessa elaborazione che il cervello fa dei segnali che gli pervengono. La percezione è una selezione attiva e un’organizzazione delle sensazioni. Il cervello compie una scelta fra tutti gli input disponibili e, confrontando l’informazione selezionata con i ricordi immagazzinati nella memoria, genera una rappresentazione mentale, che è soggettiva.

- La nostra fruizione di un’opera è altresì embedded, cioè connessa a una cultura. Non esiste una figura di spettatore assoluta e sovrastorica; molteplici fattori culturali, sociali e tecnologici strutturano il processo del vedere. Ogni contesto storico è caratterizzato da un proprio “regime scopico”, determinato dalle diverse forme di rappresentazione, dai dispositivi spaziali e temporali che ne regolano la produzione e la fruizione, dall’insieme di atteggiamenti percettivi, dalla rete di credenze e di pratiche interpretative socialmente condivise. All’interno di ogni contesto storico-culturale, e del relativo regime scopico, viene a formarsi, di volta in volta, l’identità di uno spettatore.

- La fruizione dello spettatore è anche sempre grounded, cioè si svolge in ambiti fisici precisi. Un’esperienza estetica avviene sempre all’interno di uno spazio. Occorre tuttavia allargare il punto di vista e considerare l’intero contesto di esposizione dell’opera, cioè quell’insieme di ambiente, dispositivi, supporti e testi verbali, che contribuisce a connotare l’opera.

- Ogni rappresentazione individua e modella il proprio spettatore, assegnandogli un posto e una modalità di fruizione. Ad esempio, il dispositivo della prospettiva colloca l’osservatore in un luogo preciso e a una precisa distanza, ponendolo come principio organizzatore della scena; lo spettatore cinematografico si costituisce in risposta a determinate strategie attivate dal film, attraverso il succedersi delle inquadrature e dei punti di vista e il continuo ridefinirsi del rapporto tra campo e fuori campo.

- La nostra esperienza estetica è sempre embodied, cioè connessa al nostro corpo. Lo spettatore è provvisto di un corpo, oltre che di una mente, ed è con il suo corpo e nel suo corpo (nel suo corpo-mente) che egli realizza l’esperienza estetica, cioè percepisce, vive, comprende e reagisce alla rappresentazione che ha di fronte. E questo avviene sia quando è in un museo, o a teatro, o al cinema, o in qualunque altro contesto in cui può darsi un’esperienza di tipo estetico. La fruizione estetica di un’immagine implica un coinvolgimento empatico che si configura in tutta una serie di reazioni fisiche nel corpo dell’osservatore (embodied simulation). Quando guardiamo un dipinto o un film, noi li “viviamo” con tutto il corpo, che risuona e si attiva, in modo tale da farci rivivere le stesse azioni ed emozioni rappresentate. Lo spettatore viene assorbito nella scena, fino a identificarvisi ed entrare in un gioco di simulazione.

- L’esperienza estetica è però anche una relazione in cui soggetto e oggetto sono di fronte: noi spettatori guardiamo l’opera, ma quest’ultima a sua volta ha uno sguardo che rivolge a noi, interpellandoci e invitandoci al dialogo. L’opera d’arte è l’Altro che ci guarda, che si mostra e contemporaneamente si cela, che oscilla fra presenza e assenza, che genera in noi la contemplazione e il bisogno di armonia e nello stesso tempo ci porta al limite della vertigine e della disintegrazione, dello svelamento esistenziale, della scoperta di sé. Il messaggio estetico insomma non viene assunto passivamente, ma è fatto in modo da sollecitare chi lo raccoglie a guardarsi dentro, a interrogarsi e a cercare risposte dentro di sé.

- Nella relazione con lo spettatore l’opera d’arte trova il suo completamento. Questo è vero sempre, sebbene il Novecento abbia amplificato questo aspetto in varie forme e pratiche espressive, che hanno coinvolto lo spettatore nella scena in forma attiva, come interlocutore diretto (arte processuale, comportamentale, interattiva, relazionale, ecc.). Il significato di un’opera è sempre frutto di un processo, interminabile ed inesauribile, di negoziazione, in cui sono coinvolti molteplici interlocutori.

- La fruizione coinvolge altresì la nostra capacità sia di conoscere che di immaginare il mondo. In altri termini, la nostra ricezione di un’opera tiene insieme sia il nostro bisogno di interpretare l’esistente sia di aprire l’orizzonte al possibile, andando oltre il limite dell’ordinario, fino alle soglie dell’irrappresentabile. L’esperienza estetica è un’oscillazione fra il perdersi nella vertigine dei contenuti immaginari, anche i più indicibili, e il mantenimento del contatto con la realtà, attraverso l’uso dei linguaggi e delle tecniche artistiche. Perché l’arte rappresenta l’esigenza di ritrovare il reale attraverso le sue apparenze, ma anche di dare un aspetto reale alla nostra immaginazione.

Quella dello spettatore resta comunque una pratica complessa, continuamente in bilico tra prossimità e distanza, tra immobilità e movimento, tra coinvolgimento ed estraneità, tra sicurezza e rischio, tra solitudine e condivisione; un’esperienza extra-ordinaria che sospende il tempo quotidiano e il rapporto usuale con le cose e con se stessi, permettendoci di assegnare al nostro sguardo un nuovo punto di vista.



4 commenti:

  1. cara Marisa, cercavo la foto di Vink, l'ho trovata sul tuo blog. Poi ho pensato: che bel blog, peccato non sia sulla mia piattaforma...a riprova e conferma della nostra affinità...peccato abitare lontani. Un abbraccio

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  2. Ciao Marisa,
    Articolo molto interessante. Sto facendo uno studio sulla fotografia all'interno del museo e sul suo significato. Avresti qualche libro da consigliarmi?

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  3. Ciao Marisa, articolo molto interessante. Sto facendo uno studio sulla fotografia all'interno del museo e sul suo significato, avresti qualche libro da consigliarmi?

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