Edward Weston, Two Shells, 1927. |
“E allora credo che ci si debba avvicinare alla fotografia per altre vie, che si dovrebbe usare la macchina fotografica per registrare la vita, per rendere la vera sostanza e quintessenza della cosa stessa, sia essa ferro lucente o carne palpitante.”
Edward Weston, Daybooks vol. 1
Edward Weston comincia a fotografare giovanissimo. Nel 1911 apre il suo primo studio fotografico a Tropico, in California, realizzando soprattutto ritratti in stile pittorialista, uno stile seguìto da molti fotografi che, come ricordò lui stesso, “credevano che la fotografia fosse una nuova forma di pittura”. Nel 1922 visita l’acciaieria Armco a Middletown, Ohio, e scatta una serie di fotografie che cambiano radicalmente la sua carriera: abbandona lo stile pittorialista e inizia a sperimentare una fotografia più definita, concentrata sulle forme di oggetti e di elementi organici. Abbraccia così la «straight photography», la fotografia diretta, senza vezzi o interventi manieristici, che altri snobbavano perché la ritenevano solo un’operazione meccanica, non un’arte. Una fotografia dove il reale non viene più contraffatto da filtri e virtuosismi sofisticanti, ma catturato e riproposto nel suo massimo grado di veridicità. «La fotocamera deve servire a registrare la vita, a rendere la sostanza stessa e la quintessenza della cosa in sé. Sono profondamente convinto che l’unica via per accostarsi alla fotografia passi attraverso il realismo», scrive in un saggio che è la summa del suo programma.
In Messico, insieme a Tina Modotti, sviluppa il proprio orientamento a un tipo di fotografia caratterizzata dalla perfezione formale e dalla massima nitidezza, che esprime in soggetti come il nudo, l’arte popolare messicana, i giocattoli, le scene di vita quotidiana.
Nel 1926, terminata la relazione con la Modotti, torna in California e comincia a dedicarsi in modo metodico alla rappresentazione di forme naturali, come conchiglie, ortaggi, funghi, frutta, ai quali scatta numerosi primi piani che diventeranno le icone della sua produzione. Sono foto di oggetti ripresi a distanza ravvicinatissima, con giochi intriganti di inquadrature e prospettive. Un peperone ci ricorda un corpo nudo, gli anelli di una cipolla tagliata a metà possono ingannare lo sguardo e ricordarci solchi scavati nella terra, e gli affusolati ravanelli bianchi assomigliano a braccia o a gambe. Anche se queste sono le fotografie che più rendono riconoscibile il lavoro di Weston, esistono anche immagini di paesaggi ed architetture nelle quali egli trasla la bellezza formale dei suoi nudi, ottenendo una purezza di forme difficilmente individuabile in altri autori. Questi oggetti vengono da lui trattati come i nudi scattati alla Modotti; infatti, essi hanno in comune la stessa sensualità, le stesse geometrie e lo stesso “ascetismo” formale. La sensualità è senz’altro il tema dominante del corpus fotografico di Weston.
Nel 1929 si trasferisce a Point Lobos dove rimane folgorato dalle forme delle rocce erose e degli alberi contorti dal vento cui dedicherà una serie di immagini, in cui il soggetto diventa pura astrazione.
Nel 1932 fonda assieme ad Ansel Adams, Imogen Cunningham ed altri il Group f/64, nome scelto in riferimento all’uso della minima apertura di diaframma per ottenere la massima profondità di campo e quindi la massima messa a fuoco degli oggetti vicini e lontani dall’obiettivo. I membri del gruppo, infatti, mirano a ottenere la perfezione tecnica e il rigore compositivo di ogni fotografia.
Con una quasi maniacale cura dell'immagine, Weston cerca di cogliere l'essenza atemporale dell'oggetto, estraendone una forma pura e perfetta, che a volte risulta anche più "reale" dell'oggetto stesso. È capace di trasformare i soggetti fotografati in metafore visive degli elementi della natura: i primi piani di conchiglie, peperoni, cavoli; la serie di rocce e cipressi, fotografati astraendoli dal selvaggio paesaggio di Point Lobos; i nudi "incompleti", estremamente sensuali, che non incarnano nient'altro se non se stessi; gli studi di cieli e nuvole... Si può dire che facciano tutti parte di quello che poi più avanti è stato definito "purismo Westoniano". Quella di Weston è una fotografia analitica che, in ogni mutevole forma della creazione della natura, mira direttamente a scandagliare la forma archetipa e originaria, senza distrazioni e negligenze. Egli ha una mirabile capacità di scarnificare gli elementi compositivi delle sue immagini senza far perdere ad esse la sensualità e la consistenza di una materia che ne è parte vitale, sia essa “ferro lucente o carne palpitante”. Insomma, Weston prende le distanze anche dai sentimenti che si proiettano sulle cose del mondo, per cercare di avvicinarsi alla verità senza tempo degli oggetti.
Edward Weston, Pepper, 1930. |
I peperoni, la conchiglia, i giocattoli indigeni, le rocce, le dune, perfino il water: sono tante le cose che Weston vede con occhi diversi, ma con sorprendente realismo, nel rigore del bianco e nero.
Egli ha la capacità di far sentire la materia delle cose. E come altri membri del gruppo f/64, Weston aderisce a un’estetica rigida: la foto deve essere perfettamente a fuoco in ogni particolare, non deve essere manipolata, deve mantenere una sua purezza di realizzazione e raffigurazione. Ogni intervento costituisce una forma di finzione. Per questo predilige la stampa a contatto, rispetto agli ingrandimenti. Scrive Weston. «Il compito più importante e anche più difficile del fotografo non è imparare a usare la macchina fotografica ma è vedere in modo fotografico». Egli ci apre gli occhi sulle cose che ci stanno accanto ma nella maniera meno banale; ci insegna a vedere le cose da un altro punto di vista, senza l’aura di misticismo di alcuni artisti della generazione successiva, come Minor White. Con il trascorrere degli anni, l’accuratezza formale delle sue immagini diviene sempre più profonda, quasi ossessiva nella sua perfezione. Superfici, materiali, forme geometriche esistenti in natura sono per Weston i soggetti principali nelle fotografie di ortaggi, paesaggi, ritratti e nudi, che diventano nella nostra mente “sculture dello sguardo”.
Lungi da approdare a posizioni metafisiche, di disvelamento di una presunta verità delle cose, la fotografia di Weston si propone di evidenziare un quid dell’oggetto connesso alla sua forma, una nuova connessione tra soggetto che percepisce e realtà percepita, tale da consentire non solo una riconfigurazione del mondo ma, per mezzo dell’immagine, un surplus di conoscenza che arricchisce il mondo per mezzo del potere creativo dell’immagine. Paradossalmente si potrebbe dire dunque che l’oggetto fotografato di per sé conta poco a vantaggio della reazione che questo suscita nel soggetto e che è mediata dalla macchina fotografica capace di
vedere più e in maniera diversa dagli occhi stessi.
L’obiettivo di Weston è dunque acquisire la padronanza di esprimere esteticamente, visivamente, la propria visione, di esprimerla fotograficamente, cioè rappresentare quelle «linee, forme e volumi magnifici» che appaiono al proprio sguardo dall’osservazione della realtà.
Le annotazioni più interessanti Weston vertono sulla natura dell’oggetto fotografato e sul rapporto di questo con la sua rappresentazione. Egli insiste continuamente sulle proprietà specifiche della fotografia di relazionarsi con la realtà, di scoprire il significato di una forma, di mostrare qualcosa del reale che altrimenti sfuggirebbe. La fotografia ha dunque creato un tipo di sguardo, ha insegnato a vedere in un certo modo la realtà, gli oggetti quotidiani, e questa nuova modalità di visione si è riverberata sul modo di fare fotografie: «ciò che un tempo era visibile soltanto da un occhio molto intelligente, ora lo vede chiunque» poiché grazie al valore paradigmatico che l’immagine fotografica assume, la stessa realtà ci appare più ricca e maggiormente dotata di senso.
Edward Weston, Drift Stump, 1937 |
Nella produzione di Edward Weston il nucleo di fotografie incentrate sui soggetti naturali risulta interessante per un altro aspetto: l’analisi del rapporto testo-immagine, in quanto è proprio il titolo a creare un gioco allusivo tra oggetti diversi. Per quanto riguarda il gruppo di fotografie che hanno per soggetto le forme naturali, si osserva come la caratteristica ricorrente sia la resa dell’oggetto in modo tale che la sua forma rimandi a quella di un altro elemento: ad esempio le conchiglie, fotografate con inquadratura ravvicinata e massima nitidezza delle superfici, ricordano le forme di corpi animali o umani.
Le immagini più note sono quelle che ritraggono ortaggi, in particolare Foglia di cavolo (1931) che richiama un drappeggio, Cipolla (1930) in cui la sezione interna del vegetale sembra una formazione rocciosa, e Peperone (1930) che ricorda un nudo femminile.
La forza di queste immagini sta nella doppia sorpresa che inducono nell’osservatore: dapprima egli scopre, per mezzo della didascalia, che la fotografia non rappresenta ciò che una prima occhiata suggerirebbe (un nudo, un drappeggio, una formazione rocciosa), a questo punto prova un’ulteriore fascinazione nel constatare come un soggetto tanto banale possa essere trasfigurato in un’immagine di tale bellezza estetica, ‘solo’ grazie a un particolare tipo di inquadratura e illuminazione che esalta i contrasti chiaroscurali.
Edward Weston, Cabbage Leaf, 1931. |
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