Pagine

lunedì 29 febbraio 2016

Gli acquerelli della solidarietà

Ettore, Spiaggia
Anche una piccola spiaggia vuota può raccontare delle storie a chi sa leggere i segni. A volte non servono i personaggi sulla scena per sentire che quel luogo è stato vissuto.
Quando si seguono i percorsi dietro le tracce lasciate da qualcuno, lo spettatore deve abbandonare il ruolo passivo di semplice fruitore dell'immagine per farsi adescare dalle impronte e diventare anche un po' investigatore.
Non c'è da scoprire nessun delitto, naturalmente. C'è solo la bellezza di un luogo dall'apparenza preistorica e disabitata, che un occhio meno distratto scopre essere stato percorso da presenze umane. Qualcuno ha attraversato la spiaggia a piedi e ha proseguito. Qualcun altro ha preso il mare in barca. Probabilmente i due non si sono nemmeno incontrati. Ognuno ha vissuto quei momenti da solo. Saranno tornati indietro? Oppure ognuno sta proseguendo il suo viaggio solitario?
Questo è solo uno dei acquerelli realizzati da un gruppo di appassionati di quest'arte e donati alla mia Associazione Gaudio - Gruppo Autismo e Disabilità Intelletive.

lunedì 22 febbraio 2016

L'uomo e la natura - Il "Libro d'ore" dei Fratelli Limbourg

Fratelli Limbourg, Très Riches Heures du Duc de Berry, I dodici mesi, 1412-16, Musée Condé di Chantilly.

Il cambiamento di rotta della pittura del XIV secolo, l’allontanamento dello sguardo dal primo piano e la sua ricerca del paesaggio, li possiamo notare anche nel lontano Nord Europa franco-fiammingo, nelle miniature dei fratelli Limbourg. Essi realizzano per il duca di Berry, nei primi anni del XV secolo, la loro opera più celebre, il "libro d’ore" noto come Les très riches heures.
Nella elegante e raffinata cornice del gotico internazionale e dell'arte cortigiana, questo codice miniato è una compilazione di brani della Scrittura e della Leggenda Aurea, introdotta da dodici pagine di calendario, una per ogni mese, con una scena naturale sovrastata dai segni zodiacali nella lunetta superiore.

sabato 20 febbraio 2016

L'uomo e la natura - Gli effetti del buon governo di Ambrogio Lorenzetti

Scrive Eugenio Turri, in "Antropologia del paesaggio", che l'arte «costituisce una delle attività con cui l’uomo scopre e annette il paesaggio alla cultura». È proprio grazie all’arte pittorica che prende forma il significato moderno di paesaggio, a partire dalla declinazione rinascimentale, che ne fa lo scenario prospetticamente organizzato delle azioni umane, per poi passare ai landschap fiamminghi, in cui il paesaggio diventa protagonista dell'opera, fino ai "paesaggi sentimentali" del romanticismo.
Il paesaggio emerge quando un soggetto si pone di fronte al mondo e incornicia ciò che si dispiega davanti ai suoi occhi. Esso non è una entità in sé, ma si costituisce nel rapporto fra lo sguardo umano e lo spazio circostante. Senza quello sguardo, la natura rimarrebbe un panorama muto, privo di quella dimensione psicologica che è parte integrante del paesaggio. Questo rapporto, essendo fondato su un elemento soggettivo, risente pertanto dei mutamenti etici, culturali e storici. Il paesaggio, dunque, ha una dimensione diacronica, in quanto risultato di momenti diversi; esso costituisce una nozione estremamente dinamica poiché modifica incessantemente le sue forme e i suoi contorni.
Dopo la pittura romana, per più di mille anni, scompare dall'arte occidentale la rappresentazione dei paesaggi naturali. In questi secoli la natura è avvertita come un nemico da cui difendersi, un'entità ostile o tentatrice da domare e governare.
Il primo vero paesaggio naturale lo troviamo in un affresco del ciclo dell'Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo di Ambrogio Lorenzetti, realizzato negli anni fra il 1338 e il 1340. 

Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo in campagna, 1338-1339, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena.

mercoledì 17 febbraio 2016

L'uomo e la natura - Ragione e Pathos

Affresco di Villa Livia, Roma, databile al 40-20 a.C. 

L'assunto di base del testo di Flavio Caroli, Il volto e l'anima della natura, è questo: storicamente sono solo due le tradizioni figurative che hanno affrontato il rapporto tra l'uomo e la natura: quella orientale (di matrice buddhista e taoista) e quella occidentale. Ma se la prima si è espressa come fusione armonica tra l'essere umano e l'ambiente che lo circonda, la seconda invece si è fondata su un rapporto dicotomico che ha portato l'uomo a sentirsi non parte della natura, ma a porsi di fronte a essa avvertendola come "altro da sé", di volta in volta giardino meraviglioso o nemico terribile, patria ideale cui anelare oppure pericolo da cui fuggire, realtà da indagare e organizzare razionalmente o scenario dello sprigionarsi di potenze irrazionali, fonte di serenità o di angoscia e inquietudine.
Due sono state le strade intraprese dall'arte occidentale per rappresentare la natura: l'uso della Ragione da una parte (che avrebbe portato all'invenzione della prospettiva lineare) e il senso del Tragico dall'altra (cioè di un conflitto insanabile tra l'uomo e la natura).
Non essendoci pervenute testimonianze della pittura greca, facciamo riferimento ad alcuni esempi di pittura di epoca romana in stile ellenistico.

sabato 13 febbraio 2016

L'uomo e la natura - La natura inquieta nelle opere di Ezio Sanapo


Ezio Sanapo, Il canneto, 2013.
Nella vita di un uomo ci sono due orizzonti. Uno è quello interiore, formato dai propri vissuti e dai propri sentimenti, a cui diamo il nome di “anima”. E’ un mondo invisibile e recondito, che gli artisti cercano di rappresentare penetrando l’espressione del volto, le sfumature dello sguardo, la luce degli occhi, la postura del corpo. L’altro orizzonte è il primo referente dell’essere umano, cioè la “natura”, ed è il mondo visibile che vive al di fuori dell’occhio umano, all’interno del quale l’individuo si rappresenta collocato e che accoglie la proiezione di quell’orizzonte interiore. Da una parte lo sguardo dell’arte ha una direzione introspettiva, dall’altra segue il cammino complementare dell’indagine del rapporto, conflittuale o armonioso, tra uomo e natura.
La rappresentazione della natura è diventata lo schermo sul quale l’uomo ha proiettato le proprie passioni, la propria visione del senso della vita e del suo stare al mondo.
Ezio Sanapo è nato e cresciuto in un piccolo paese dell’entroterra salentino, Supersano. Se si guarda la cartina geografica, si scopre che è proprio al centro della penisola protesa tra l’Adriatico e lo Ionio. Uliveti a perdita d’occhio; interminabile pianura appena increspata dai dolci rilievi della Serra. Dalla sua cima, nelle giornate limpide, si possono vedere il mare e le montagne dell’Albania. La terra dei campi è rossa. Bassi muretti di pietre a secco segnano i confini, grondanti delle pale carnose dei fichi d’india. Ogni tanto si apre una piccola ferita, un breve fossato cosparso di canne dai verdi piumacchi. Non ci sono fiumi e corsi d'acqua in Salento. Le sorgenti sono racchiuse tutte nelle viscere della terra e non fuoriescono all'esterno. Scorrono nel sottosuolo, profonde e inquiete come i sogni ricorrenti, corrosive come i sensi di colpa.

martedì 9 febbraio 2016

La Lotta tra Carnevale e Quaresima di Pieter Bruegel il Vecchio


Pieter Bruegel il Vecchio, Lotta tra Carnevale e Quaresima, 1559 ca., Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Quest’opera di Bruegel il Vecchio s’intitola «La lotta tra il Carnevale e la Quaresima» ed è del 1559. Essa rientra nella categoria delle “pitture di genere”, cioè di quelle opere che rappresentano scene di vita quotidiana. Il primo aspetto che di solito colpisce dei quadri di Bruegel è la ricchezza di dettagli: come si può notare, questo è riccamente popolato di personaggi e di scene, messe sulla tela con uno squisito gusto per la narrazione. Siamo sulla affollatissima piazza di un villaggio del Nord e in primo piano troviamo rappresentata una scena di torneo simile a quelle che effettivamente venivano disputate durante le manifestazioni carnevalesche.

I protagonisti che si fronteggiano sono il Carnevale e la Quaresima. Il primo, a sinistra, è impersonato da un uomo grasso e rubizzo a cavalcioni di una botte (tirata da due ragazzi festanti e sulla cui parte anteriore è fissata una coscia di maiale) armato di uno spiedo con vari pezzi di carne infilzati. La Quaresima, a destra, è rappresentata da una donna vecchia e scavata, porta un’arnia sulla testa, ha la croce di cenere sulla fronte (secondo la pratica in uso il mercoledì delle Ceneri) e, seduta su un carretto trainato da un frate e da una monaca, fronteggia il suo avversario tendendo una pala, tenuta come se fosse una lancia, sulla quale sono posate due aringhe (in riferimento alla proibizione di mangiare carne durante il periodo pre-pasquale).

Pieter Bruegel il Vecchio, Lotta tra Carnevale e Quaresima - Dettaglio 2

L’uomo panciuto ha sulla testa un pasticcio di carne e alla cintura porta legati dei coltelli: tutto lascia intuire che si tratti di un macellaio. Dietro di lui ci sono tre musicanti con i loro strumenti: una gratella, un coltello, dei bicchieri e il cosiddetto “Rommelpot” (recipiente in terracotta ricoperto da una membrana che veniva fatta vibrare tramite uno stecco). Due di loro sono mascherati, il terzo, quello vestito di giallo, porta in vita una catena di placchette che lo identificano come garzone di una gilda (d’altronde tutti gli attori delle rappresentazioni carnevalesche provenivano dalle corporazioni degli artigiani e dei bottegai, che si organizzavano in gilde burlesche e confraternite carnevalesche incaricate dell’organizzazione e della realizzazione delle feste, della creazione delle maschere e dei costumi, del reperimento dei materiali scenici, della fornitura delle cibarie). Questo gruppo principale è seguito da una figura vestita di scuro che porta sul capo una tavola rotonda apparecchiata con pane bianco e cialde, cibi caratteristici del carnevale.

Pieter Bruegel il Vecchio, Lotta tra Carnevale e Quaresima - Dettaglio 3

La Quaresima indossa un saio e dei sandali e porta sul capo un’arnia che ricorda il miele, tipico cibo dei giorni di digiuno. L’arnia, inoltre, simboleggia la chiesa cattolica (questo particolare è servito a sostenere l’interpretazione secondo la quale il duello rappresentato richiama quello tra la Chiesa di Roma e Lutero. Si ricordi che la riforma luterana aveva abolito la Quaresima, ma non le festività del Carnevale).
Nella scena in primo piano, a ogni elemento presente sulla sinistra se ne contrappone in modo speculare uno sulla destra. Sul carretto della Quaresima, gli attributi del periodo di preparazione alla Pasqua: pani, ciambelle, un canestro di giunco con dei fichi e un cesto di cozze, che contrastano con l’abbondanza di birra, pane e carne che circonda il Carnevale. Ai musicanti dietro il barile corrispondono, dal lato della Quaresima, dei bambini recanti pane quaresimale, con il segno della croce tracciato con la cenere sulla fronte.
Ai lati e alle spalle dei due personaggi principali si sviluppano due scenari molto differenti, che rispecchiano lo spirito dei due periodi dell’anno. Dietro il carnevale, e in tutta la parte sinistra del quadro, c’è tutto un brulicare di figure, per lo più mascherate e travestite, intente a festeggiare.  Esse mangiano, bevono, recitano, suonano, giocano a dadi. Sull’insegna dell’osteria, “Al naviglio blu”, è disegnata come emblema una barca blu, simile a quella che trasporta la botte di Carnevale. Tale insegna cela una possibile allusione al poemetto La Nave dei folli (Das Narrenschiff) di Sébastian Brant, basato sulla tradizione, attestata nelle regioni del Nord, di isolare su delle imbarcazioni coloro che venivano considerati pazzi, malati mentali o devianti. Il motivo era anche molto diffuso nelle celebrazioni carnevalesche germaniche,  comprendenti delle processioni fluviali. La seconda metà del XV secolo abbonda di questi motivi, in particolare quello della “barca blu” (così venivano chiamate le barche dei folli), che era stato già celebrato nel 1413 nel poema De Blauwe Scuut, di Jacob van Oestvoren e che veniva usato nelle sfilate carnevalesche del Brabante, dando anche il nome a una confraternita, che metteva alla berlina i potenti.

Pieter Bruegel il Vecchio, Lotta tra Carnevale e Quaresima - Dettaglio 4

Se a sinistra c’è l’osteria, a destra c’è invece una chiesa. Se da quella parte assistiamo a una grottesco corteo di commedianti, a destra sfilano le processioni degli uomini e delle donne che escono dalla chiesa, con indosso lunghi mantelli scuri da penitenti. Sono austeri, mesti e curvi, sulla fronte di alcuni si riesce a vedere il segno della croce formato dalle ceneri quaresimali.

Pieter Bruegel il Vecchio, Lotta tra Carnevale e Quaresima - Dettaglio 5

A sinistra viene rappresentata la farsa carnevalesca “La sposa sudicia” (Devuile Bruid, cioè la messa in scena di un matrimonio tra zingari), a destra si provvede alla distribuzione delle elemosine ai mendicanti e agli storpi.

Pieter Bruegel il Vecchio, Lotta tra Carnevale e Quaresima - Dettaglio 6

Pieter Bruegel il Vecchio, Lotta tra Carnevale e Quaresima - Dettaglio 1

La casa al centro, una panetteria, è un luogo intermedio, che rappresenta il passaggio dal Carnevale alla Quaresima. La bambola di pezza, appesa alla finestra, potrebbe essere un “Butzemann”, figura caricaturale che serviva da ammonimento per chi trascurava le pulizie primaverili. Davanti all’edificio ha luogo l’antica usanza primaverile di rompere vecchie stoviglie.

Pieter Bruegel il Vecchio, Lotta tra Carnevale e Quaresima - Dettaglio 8

Sullo sfondo, a sinistra, Bruegel ha dipinto i ragazzi che giocano al “re bevitore” e la rievocazione burlesca dell’episodio dello scontro fra Ursone e Valentino, tratto dal ciclo carolingio. Accanto la processione di Mezzaquaresima e, in fondo, il falò del fantoccio del Carnevale.

Pieter Bruegel il Vecchio, Lotta tra Carnevale e Quaresima - Dettaglio 9

Al centro della scena una coppia, che vediamo solo di spalle, segue una figura che indossa il costume caratteristico del buffone. La figura maschile ha un rigonfiamento sulla schiena, forse il carico delle colpe e delle debolezze umane; con il braccio sorregge la donna, che porta legata in vita una lanterna spenta. Intorno a loro, stranamente, c’è il vuoto. La coppia è incamminata verso una direzione che non conosciamo, seguendo la luce della torcia retta dal buffone. Varie sono le interpretazioni di questa scena, compresa quella che ne fa il simbolo di una cristianità al buio, a causa dei contrasti tra cristianesimo e riforma protestante, condannata a seguire non la ragione ma la follia.

Pieter Bruegel il Vecchio, Lotta tra Carnevale e Quaresima - Dettaglio 10

Quello del “contrasto” fra Carnevale e Quaresima era un genere letterario ben presente nel Medioevo, documentato in Italia e in Europa fin dal secolo XII, il quale rivisitava in modo nuovo le tradizioni arcaiche di lotte, in atmosfera di baldoria, tra i due personaggi-simbolo dell’anno nuovo e dell’anno vecchio, o dell’inverno e della primavera. Si trattava di componimenti soprattutto in versi che sottolineavano il momento del passaggio da un periodo all’altro. Quasi sempre si ricorreva alla personificazione dei due periodi, attribuendo ai personaggi caratteristiche corrispondenti, legate soprattutto all’aspetto fisico (grasso e panciuto il Carnevale, vecchia e scarna la Quaresima). Questi si affrontavano in una battaglia dall’esito segnato, dato che la Quaresima segue cronologicamente il Carnevale ed è pertanto destinata a trionfare. La rappresentazione di questo duello, con personaggi in carne e ossa, è documentata nel Cinquecento, sia in Italia che in Europa. A Firenze queste drammatizzazioni avevano luogo prevalentemente, a sancire simbolicamente il passaggio, la sera dell’ultimo giorno di Carnevale (martedì grasso), posto in effigie, spesso nella forma di un fantoccio, su una catasta di fascine e bruciato. Il rogo sanciva la fine dell’inverno e rappresentava un momento simbolico di rinascita e di rinnovato ordine, che faceva seguito alla temporanea sovversione sociale, caratterizzata da trasgressione alimentare e inversione dei ruoli, propria del Carnevale.

Agli antichi riti di rinnovamento, che celebravano la rinascita della natura, il Medioevo attribuiva però dei significati nuovi, di tipo etico e sociale. “Nel contrasto tra Carnevale e Quaresima si fa evidente la radicale tensione tra due opposte concezioni antropologiche presenti nella vita occidentale, l’una di ispirazione pagana, in cui il carnevalesco è la concezione intramondana gioiosa, naturale e materiale-corporea dell’esistenza; l’altra, quaresimale, in cui prevale la visione cristiana, spirituale ed ascetica, di rinuncia al mondo e di attesa della futura liberazione.” (C. Bernardi, Carnevale, Quaresima, Pasqua)

Pieter Bruegel il Vecchio, Lotta tra Carnevale e Quaresima - Dettaglio 7

La composizione dei singoli episodi inseriti nel quadro di Bruegel, con una tecnica a mosaico, non segue l’intenzione di creare una continuità di azione. La contemporaneità dello svolgersi degli eventi nella cornice pittorica è fittizia, in quanto questi abbracciavano una serie di usanze fiamminghe dei periodi carnevalesco e quaresimale che si estendeva per un certo intervallo di tempo. Tutti i dettagli scenici sono stati identificati con tradizioni popolari dell’epoca, ma del tutto arbitrario, e rispondente alle intenzioni del pittore, è lo svolgersi simultaneo nello spazio e nel tempo degli eventi raffigurati. In questo modo Bruegel ci propone un grandioso e umoristico compendio delle cose umane.

Pieter Bruegel il Vecchio, Lotta tra Carnevale e Quaresima - Dettaglio 13

Le interpretazioni più comuni vanno dalla satira clericale della lotta tra Lutero e la Chiesa cattolica a quella morale sulla stoltezza del “mondo alla rovescia” e della follia umana in generale. Ma, se si osserva bene l’insieme, ne risulta, malgrado la contrapposizione tra le due diverse situazioni (Carnevale e Quaresima) una evidente unità compositiva. La prospettiva allungata del quadro, con una visione “a volo d’uccello”, permette di mantenere le distanze dalle realtà rappresentate e fa in modo che lo sguardo abbracci agevolmente tutto l’insieme.
Bruegel ha fatto ruotare la massa dei personaggi intorno al centro, costituito dal pozzo e dalla coppia di spalle, seguendo una grande ellissi, mentre una ellissi più piccola si forma intorno alla casa sullo sfondo, quasi a voler sottolineare la ripetizione ciclica del tempo e delle ricorrenze dell’anno, ma anche a voler tenersi lontano da ogni giudizio morale. Festaioli e penitenti, ruotano tutti intorno allo stesso pozzo; chi oggi gozzoviglia, domani digiunerà. Tutti fanno parte di un’unica, in fondo indulgente e divertita, narrazione.

Pieter Bruegel il Vecchio, Lotta tra Carnevale e Quaresima

Nella concezione medievale, e ancora in quella di Bruegel, in fondo, non c’è una vera opposizione tra Carnevale e Quaresima, ma entrambi fanno parte di un ciclo perpetuo, e così come la sera del martedì grasso si celebra la morte del primo, la notte di Pasqua decreterà la fine della seconda, in un succedersi di trasgressione e penitenza, carnale e spirituale, sacro e profano, facenti tutti quanti parte della stessa liturgia popolare.

FONTI BIBLIOGRAFICHE

Claudio Bernardi, Carnevale, Quaresima, Pasqua. Rito e dramma nell’età moderna (1500–1900), Milano 1995.
Marco Bussagli, Bruegel, ArtDossier, Giunti.
Giovanni Ciappelli, Carnevale e Quaresima: comportamenti sociali e cultura a Firenze nel Rinascimento, Roma 1997.
Alexander Wied, Bruegel. Il Carnevale e la Quaresima, Electa, Milano 1996.

mercoledì 3 febbraio 2016

Animali nell'arte - Il dolore mansueto nei dipinti di Ezio Sanapo

Ezio Sanapo, Notturno, 2010.
Reali o leggendari, gli animali hanno sempre avuto una posizione privilegiata nella storia dell'umanità e quindi anche nella storia dell'arte. Sin dalla preistoria infatti essi sono stati oggetto di rappresentazione, rivestendo significati culturalmente e storicamente variabili. Dalla notte dei tempi, le creature animali hanno incarnato simboli e allegorie, divenendo figure archetipe, divinità oggetto di culto o simboli ad esse legate, pur con sostanziali differenze tra una cultura e l’altra.
Troviamo figure animali anche nei quadri di Ezio Sanapo, pittore nato e cresciuto nel mio stesso paese di origine, Supersano, disteso ai piedi di una collina nel basso Salento, in Finis Terrae, dove l’Italia si protende nel Mediterraneo verso la sua culla millenaria, la Grecia. Una terra in cui ancora oggi, qualche volta, nelle sere d’estate, si odono echi di quella antica civiltà risuonare negli sfrenati e sensuali ritmi della pizzica, che sfiniscono le danzatrici nella vertigine del ballo.
Classe 1948, Ezio Sanapo è figlio di quella terra; eppure nelle sue opere il Salento assume i confini più ampi del sogno, in cui i personaggi si muovono in un dormiveglia sospeso, al di fuori dello spazio e del tempo. Le atmosfere diafane e impalpabili delle sue opere sono teatri metafisici in cui i personaggi, umani o animali, partecipano tutti indistintamente a un dramma comune, che comincia innanzitutto dal rapporto con lo spazio vuoto in cui sono immersi, all’interno del quale l’incontro e la comunicazione non possono aver luogo, perché quel vuoto è esso stesso una presenza, che isola le figure racchiudendole in confini invalicabili.

Parole di pietra - Maria

Ideo Pantaleoni, Ritratto della madre, 1922.


Mio padre mi parlava di Maria,
cinque figli e un ventre pieno e tondo,
il crine nero a crocchia sulla testa,
passava dritta e fiera per la via.
Faceva a volte l’aria da maliosa,
le mani ai fianchi scesi e prominenti,
la bocca profumata di verbena;
bardata a volte nella ritrosìa
impugnava la granata e senza posa,
dondolando un’antica cantilena,
s’aggirava nel cortile e nella stia.
Di ritorno dai campi, a mezzogiorno,
passava lenta e curva di fascine;
di tanto in tanto, nelle notti illuni,
seguiva suo marito in osteria.
Mio padre l’ha rivista l’altro ieri,
i seni appesi nel grembiule lungo e scuro,
le giogaie grinzose, le mani tremolanti,
ma gli occhi ancora pieni di malìa.

Animali in Fotografia - I gatti atomici di Salvador Dalì


Philippe Halsman, "Dalì Atomicus", 1948.

L'avrete riconosciuto tutti: è il celebre Dalì Atomicus, eseguito nel 1948 dal fotografo Philippe Halsman. Un artista dagli inconfondibili baffetti, un suo quadro famoso, un cavalletto, tre gatti, una sedia, uno sgabello e un poderoso getto d'acqua: tutti quanti sospesi in aria, all'interno di una stanza, come se fossero stati "esplosi" da uno scoppio atomico.
Ebbene si, non è un fotomontaggio: i gatti venivano "lanciati" davvero e di lanci ne occorsero ben 28 per giungere a questo risultato. Nello studio newyorchese di Halsman, quattro assistenti e la moglie del fotografo furono impegnati, per ben 6 ore, a proiettare in aria i poveri felini e le secchiate d'acqua (da destra) e a tenere sospesa e in equilibrio la sedia (da sinistra). Halsman precisò però che non fu arrecato alcun danno alle bestiole. Mah, speriamo. Ecco, forse i gatti di oggi non lo sanno, ma dovrebbero essere molto felici dell'esistenza di Photoshop!