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sabato 30 gennaio 2016

Animali nell'arte - Le bestie feroci di Antonio Ligabue

Antonio Ligabue, Leopardo con serpente, 1952.
La vicenda di Antonio Ligabue racconta una storia non inedita nella storia dell’arte: quella di uno stupefacente genio creativo racchiuso in ciò che la nostra cultura etichetta come follia. Ma se nell’universo di questa parola ambigua e fumosa includiamo un modo “altro” di essere e di vedere il mondo, ecco che allora la follia diventa uno spiraglio che si apre su possibilità sconosciute, su realtà inimmaginabili, che solo l’occhio che sfugge ai cliché e agli schemi consueti può cogliere. 
L’arte di Antonio Ligabue è espressione di quel lato oscuro fatto di istintività immediata, primitiva, non filtrata da nessuna sovrastruttura stilistica o ideologica. Nei suoi quadri si coglie la sua totale appartenenza al mondo che rappresenta, al di fuori di ogni considerazione morale o teorica.

Antonio Ligabue, Vedova nera, 1955.
Per questo Ligabue è stato per lungo tempo etichettato come pittore naif, cioè come artista “selvaggio”, lontano da qualsiasi corrente artistica e da ogni condizionamento teorico e stilistico. L’arte del Novecento, in buona parte delle sue espressioni, ha cercato soprattutto uno sguardo “altro”, nuovo, non convenzionale, sulla realtà, in grado di liberarla dalle pastoie delle sovrastrutture che impedivano che essa prorompesse nella sua verità. Espressionisti, cubisti, dadaisti, surrealisti, astrattisti lo hanno fatto seguendo strade concettuali. Ligabue ha creato un potente affresco espressionista della sua poetica interiore, ma senza che il proprio ingegno creativo venisse addomesticato da manifesti ideologici.

Antonio Ligabue, Aquila con volpe, 1952.
Egli dava forma alle immagini che si agitavano nella sua fantasia, traendo ispirazione dai libri illustrati, dai musei di storia naturale, dall’esperienza diretta nel circo e in campagna. I suoi soggetti sono molto spesso bestie feroci che danno vita a un teatro di ferocia e spietatezza, anche se la violenza caratterizza anche le rappresentazioni di animali domestici, che dipingerà soprattutto negli ultimi due decenni della sua vita. 

Antonio Ligabue, Aquila che assale una volpe.

La visione delle immagini lasciano intuire la tensione e l’eccitazione che hanno caratterizzato il momento della loro creazione e che continuano ad animare i soggetti raffigurati, dando l’impressione di poter avvertire lo spasimo e la paura delle prede braccate, la brama furiosa dei predatori. 
«Quando dipingeva animali feroci - scriveva uno dei suoi primi estimatori, il grande artista Marino Renato Mazzacurati - si identificava con loro a tal punto da assumerne gli atteggiamenti. Ruggiva spaventosamente, e imitava il leone, la tigre, il leopardo nell'atto di azzannare la preda. Sorprendente era la sua conoscenza della struttura anatomica degli animali, dei loro istinti, della loro forza».

Antonio Ligabue, Volpe in fuga.


L’insidia è una presenza costante nelle sue tele, il pericolo che incombe alle spalle con i suoi artigli spietati. Mai un attimo di quiete che rallenti la tensione. Nelle foreste come nelle campagne la vita è essenzialmente lotta senza scampo contro un nemico molto più forte. Anche i paesaggi non sfuggono a questa logica, siano essi lussureggianti foreste o sobri campi di pianura: il pericolo giunge dal fulmine che spaventa i cavalli, dalla frusta che colpisce i buoi attaccati al giogo, dalla tempesta che si annuncia in lontananza. 
Anche nei suoi numerosissimi autoritratti, ossessivi e senza ombra di compiacimento, Ligabue si dipinge uno sguardo incerto, allarmato, da animale braccato che fiuta il pericolo e si guarda alle spalle.


Antonio Ligabue, Testa di tigre, 1955-56.

Forse Ligabue non raggiunse mai una consapevolezza concettuale e stilistica del suo dipingere, ma la sua opera, che trasforma una sensibilità profonda e oscura nell’immagine spietata e vera della realtà della vita, coniugando in modo così struggente bellezza e crudeltà, non può che definirsi arte nel senso più compiuto, essendo stata capace di dire con la forza universale delle forme, dei colori e della luce ciò per molti rimane un dolore sordo e inespresso.

Antonio Ligabue, Diligenza con paesaggio e villa di Casanova Rambelli, 1953-1954.

Ligabue ha avuto la capacità di trasformare gli incubi di una mente alienata e le sue ossessioni maniacali in visioni incantate e immagini potentissime, cariche di vitalità e di colori che squillano come trombe. Tigri con le fauci spalancate, leoni nell'atto di aggredire una gazzella, leopardi avviluppati da serpenti, cavalli assaliti da orsi o da lupi e galli in lotta: predatori e prede, selvatici e domestici, Ligabue sentiva gli animali come compagni. Il mondo degli uomini, con la sua violenza gratuita e burocratica, gli appariva incomprensibile e crudele. L'orrore e la violenza che traboccano dai suoi quadri hanno invece l’innocenza dell’istinto ancestrale. 
Immerso nella natura, ne percepiva le forze che sentiva irrompere dentro di sé e nel mondo intorno.
Libero dalle costruzioni artificiali che le culture edificano per sublimare l'aggressività e la paura, Ligabue, con l'intuito empatico dell'uomo primitivo, trae dalle sue viscere immagini spietate che mostrano come la legge primordiale di ogni esistenza non sia altro che l'originaria lotta per la vita.

Antonio Ligabue, Autoritratto con cane, 1957.

Il taglio scelto da Ligabue nella composizione esalta sempre la centralità della figura o delle figure prevalenti, dedicando grande cura alla drammatizzazione, alla concentrazione del movimento, alla rappresentazione degli stati d’animo delle bestie raffigurate, alla resa di una stupefacente fisicità dei corpi e di una serrata tensione narrativa. Anche i colori, forti, densi, accesi, spesso acidi e aggressivi, esprimono con molta forza le emozioni e i turbamenti del mondo interiore dell’artista.
Nell’atmosfera surreale della Bassa Padana, in quell'universo anfibio tra terra e fiume, si raccontava la storia di “Toni el matt”, l’uomo selvaggio e solitario che dipingeva le belve feroci della giungla e che sognava di diventare un uccello rapace.



Antonio Ligabue, Gorilla con donna, olio su tavola di faesite, 1957-1958.











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